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La violenza sessualizzata è ancora molto diffusa nell’Esercito svizzero

future soldatesse il giorno della recluta
Le donne sono particolarmente soggette al fenomeno. Keystone-SDA

Quasi la metà dei militari ha subito nel corso del servizio varie forme di violenza sessualizzata (verbale, non verbale e fisica). È quanto emerge da un sondaggio anonimo condotto nel 2023 fra 1'126 militari (764 donne e 362 uomini).

La violenza sessualizzata (verbale, non verbale e fisica) è ancora molto diffusa in seno all’Esercito svizzero. Le freddure salaci di tipo verbale sono le più diffuse. L’81% dei e delle partecipanti allo studio condotto tra più di 1’126 soldati e soldatesse – parte della Strategia Parità 2030 della Confederazione – ha dichiarato infatti di aver subito, da raramente a molto spesso, commenti e battute sessiste in servizio, ha dichiarato giovedì davanti ai media il capo dell’Esercito, Thomas Süssli, specificando che il sondaggio si basa sull’esperienza di uomini e donne che hanno trascorso del tempo – da un anno a 30 anni – in grigioverde.

Un cambiamento di cultura

Benché si sia già fatto qualcosa in questo settore, ha spiegato il capo dell’armata, siamo ancora lontani dal nostro obiettivo come dimostrano i risultati del sondaggio, ha ammesso Süssli, secondo cui i problemi in seno all’Esercito sono gli stessi che hanno interessato altre istituzioni.

Tuttavia, ciò non significa che non bisogna fare nulla, ha aggiunto, ribadendo invece che in seno alle forze armate “non si possono tollerare discriminazioni a sfondo sessuale o altri comportamenti che ledono la dignità delle persone che ci vengono affidate”. Per questo, ha aggiunto, con nuovi provvedimenti l’armata vuole accelerare il cambiamento culturale fra i propri ranghi.

Anche il vice di Süssli, il Comandante di corpo Hans-Peter Walser, si è detto impressionato dall’importanza del fenomeno; fenomeno che lo tocca personalmente in qualità di responsabile dell’istruzione. “Non vogliamo che simili discriminazioni diventino parte della quotidianità dei soldati”, ha dichiarato.

Ampliare misure esistenti

Come rammentato dal capo dell’Esercito, due anni fa è stata sviluppata una strategia per la diversità con un corrispondente piano di misure volto, tra l’altro, a promuovere la diversità nell’Esercito di milizia e tra i collaboratori dell’Aggruppamento Difesa. Queste misure sono state precedute dalla creazione del Servizio specializzato Donne nell’Esercito e diversità, che sottostà all’autorità di Hans-Peter Walser.

Gli attuali strumenti di protezione verranno estesi con nuove misure. In particolare verrà data molta importanza alla prevenzione al fine di individuare e prevenire tempestivamente i comportamenti che portano alla discriminazione e alla violenza sessualizzata, ripristinando una situazione libera da discriminazione e violenza, ha spiegato Hans-Peter Walser.

Tale lavoro passa anche dalla sensibilizzazione dei militari allo scopo di riconoscere la discriminazione e la violenza sessualizzata. Si stanno approntando moduli d’istruzione per abilitare ulteriormente i militari a lottare contro la discriminazione e la violenza sessualizzata. Ciò contempla anche istruzioni sulle opzioni di intervento. I primi “esperimenti” in tal senso inizieranno con le prime scuole reclute del 2025, ha sottolineato Walser.

Oltre a tutto ciò, l’Esercito intende rafforzare i diritti delle vittime e proteggere i testimoni. Tra l’altro è in corso di realizzazione un sistema di segnalazione – che dovrà essere rapido, semplice e diretto – dei casi disciplinari dovuti a discriminazione e violenza sessualizzata, ha detto Walser. L’Esercito sta inoltre intensificando la collaborazione con altre organizzazioni, agenzie specializzate esterne e gruppi di interesse, al fine di scambiare conoscenze ed esperienze.

Lo studio

In merito allo studio, Mahide Aslan, responsabile del servizio “Donne nell’Esercito e diversità”, ha esordito affermando che, per ottenere un quadro completo, l’ambito della ricerca è stato esteso a tutti i generi – non solo le donne sono considerate, ma anche gli uomini giacché rappresentano pur sempre il 98% degli effettivi – e a tutti gli orientamenti sessuali.

All’indagine anonima hanno partecipato come detto 1126 militari. Se quasi il 50% degli intervistati ha subito discriminazioni, ha sottolineato, il 40% ha dichiarato di aver subito violenza sessualizzata verbale, non verbale e fisica.

In generale donne e persone transgender non vengono considerate come membri appartenenti all’Esercito, ha spiegato Aslan, vuoi per le loro competenze considerate insufficienti o a causa del loro orientamento sessuale. L’immagine stereotipata del soldato, che si riscontra dappertutto nell’armata, è quella di un uomo bianco, eterosessuale.

Gli atteggiamenti discriminatori influiscono negativamente sulla mente e sul corpo di chi ne è vittima, mettendo anche a repentaglio l’efficienza dell’Esercito, ha sostenuto Aslan. Inoltre, dall’indagine è scaturito che le vittime sovente non segnalano simili episodi anche perché hanno poca fiducia nei superiori. Anzi, parlando hanno paura di peggiorare la situazione, ha affermato Aslan.

Stando ad Aslan, una valutazione intermedia delle misure aggiuntive è prevista per la seconda metà del 2026, mentre l’Esercito condurrà un’altra indagine sulla discriminazione e la violenza sessualizzata nel 2027.

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