Siriano condannato in Svizzera per minacce a Charlie Hebdo
Un 30enne rifugiato siriano che soffre di schizofrenia paranoide aveva minacciato la redazione della rivista Charlie Hebdo.
Un cittadino siriano è stato condannato mercoledì dal Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona (canton Ticino) a una misura terapeutica stazionaria e all’espulsione dalla Svizzera per cinque anni per tentata coazione. Nel gennaio 2023 aveva minacciato di morte i membri della redazione della rivista satirica francese Charlie Hebdo qualora avessero pubblicato vignette su Maometto.
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Stando a una perizia psichiatrica, il 30enne soffre di una grave schizofrenia paranoide cronica e al momento dei fatti era incapace di discernimento, motivo per cui il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha richiesto una misura terapeutica stazionaria e in seguito l’espulsione facoltativa dalla Svizzera per dieci anni, giudicandolo una “vera minaccia”.
Per la difesa l’uomo non dovrebbe lasciare la Confederazione
La difesa invece ha auspicato di rinunciare all’allontanamento: il suo cliente, ha sottolineato il legale in aula, ha lo statuto di rifugiato ammesso provvisoriamente dal 2013, cosa che parla a sfavore di un’espulsione facoltativa dalla Svizzera. Inoltre l’uomo non potrebbe tornare semplicemente nel suo Paese d’origine in quanto non sarebbe in grado di cavarsela a causa della malattia psichica di cui soffre fin dalla sua infanzia. Va anche considerato che la sua famiglia vive in Svizzera. L’avvocato difensore ha quindi chiesto una misura stazionaria e l’immediato rilascio dalla detenzione preventiva.
Motivando la sentenza, la giudice ha affermato che a causa della gravità della malattia il rischio di ulteriori reati è elevato. Per questo motivo è necessaria una misura stazionaria in un istituto chiuso, anche nell’interesse dell’imputato stesso. Non ci sono segnali che indichino che questi voglia integrarsi nella società elvetica o che avesse tentato di farlo, ha aggiunto. A causa del suo “fanatismo religioso”, l’uomo aveva perso posti d’apprendistato e di lavoro e viveva dell’assistenza sociale.
Il 30enne ha espresso a più riprese il desiderio di emigrare in un Paese musulmano, il che prova che non vuole rimanere in Svizzera, ha detto la giudice, prima di aggiungere che anche se la terapia dovesse avere successo, il rischio di recidiva rimane elevato. L’interesse pubblico all’espulsione prevale quindi sull’interesse dell’imputato a restare nella Confederazione.
Minacce “molto serie”
L’imputato era accusato di aver contattato, mentre era in Svizzera, la redazione di Charlie Hebdo, minacciandola di gravi conseguenze se avesse pubblicato vignette che ritraevano il profeta Maometto.
Secondo l’accusa, l’editore del settimanale aveva considerato la minaccia molto seria. Le intimidazioni non solo erano scaturite in una denuncia penale presso le autorità giudiziarie francesi, ma avevano anche avuto un impatto sulla redazione: poco dopo che erano emerse, tre dipendenti si sono assentati per motivi di salute, si legge nell’atto d’accusa.
Le provocatorie vignette su Maometto della rivista satirica francese hanno ripetutamente scatenato proteste nei Paesi musulmani. Il 7 gennaio 2015, due uomini (poi uccisi dalle forze dell’ordine) avevano compiuto un attacco terroristico di matrice islamica presso la sede di Charlie Hebdo a Parigi, in cui morirono otto membri della redazione e altre quattro persone.
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