SECO: “I dazi di Trump non hanno ancora provocato effetti eclatanti”
Jérôme Cosandey, capo della direzione del lavoro della Segreteria di Stato dell'economia (SECO).
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I dazi doganali imposti dagli Stati Uniti non hanno ancora avuto un impatto rilevante sul mercato del lavoro svizzero, dove il ricorso al lavoro ridotto è persino diminuito ad agosto, secondo la Segreteria di Stato dell’economia.
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I dazi doganali imposti dal presidente americano Donald Trump non hanno ancora provocato sviluppi eclatanti sul mercato del lavoro svizzero: in agosto il lavoro ridotto ha addirittura registrato un leggero calo.
“Sono rimasto piuttosto sorpreso della flessione”, ha affermato in una conferenza stampa Jérôme Cosandey, capo della direzione del lavoro della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), commentando gli ultimi dati sulla disoccupazione diffusi in mattinata dai suoi funzionari. “Mi sarei aspettato una curva piatta”.
La contrazione è in atto da marzo. Ciò è sorprendente, ha detto il 55enne. Una spiegazione potrebbe essere che molte aziende hanno prodotto il più possibile prima dell’entrata in vigore delle tariffe, in modo da poter esportare negli Stati Uniti in tempo. “Le imprese hanno prodotto a pieno ritmo per evitare i dazi punitivi”. Inoltre sino a fine luglio molte ditte erano fiduciose che la Svizzera avrebbe ottenuto dazi più bassi.
In agosto 500 aziende hanno ottenuto dalla SECO l’autorizzazione all’orario ridotto, per un totale di 14’100 dipendenti. Il 72% delle società ha motivato la propria richiesta con difficoltà di natura congiunturale; solo un quarto ha fatto presente i nuovi dazi statunitensi.
Non tutto insomma è colpa delle barriere doganali o di Trump: il deterioramento della situazione è infatti in atto già dal 2023. “Dopo un mese dal loro annuncio, l’effetto dei dazi statunitensi è ancora modesto”, ha sottolineato l’alto funzionario con trascorsi professionali presso UBS e Avenir Suisse, laboratorio di idee di matrice liberale.
La situazione è quindi meno critica rispetto a quella di crisi precedenti. Ciò è particolarmente evidente se si fa un confronto con il periodo della pandemia: allora il Consiglio federale aveva imposto il lockdown e tutti i settori economici erano rimasti colpiti. “È stato un doppio shock, non si poteva più né produrre né consumare”, ha ricordato Cosandey. Nell’aprile 2020, 1,34 milioni di persone erano in lavoro ridotto. La crisi attuale è invece limitata alle esportazioni verso gli Stati Uniti: il turismo non è stato colpito e non vi è nemmeno il rischio di un tracollo finanziario.
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