Le comunità nomadi svizzere contano circa 30 mila persone, in massima parte Jenisch, più qualche centinaio di Sinti-Manouche. Di queste, due-tremila vivono ancora in maniera itinerante. Sabato hanno proposto una giornata di "roulotte aperte" per farsi conoscere e contrastare i pregiudizi.

Svizzeri, ma diversi. Una differenza costata cara a intere generazioni di Jenisch, ricorda la presidente della Cooperativa culturale della comunità, Maria Mehr. Per decenni, le autorità hanno fatto di tutto per contrastare il loro nomadismo.

"Siamo cresciuti nella paura, questo è il dramma della mia vita. Eravamo una famiglia felice, ma noi bambini dovevamo sempre stare attenti”.

Attenti a non farsi prendere dalle autorità per finire in riformatorio, strappati alle famiglie. La lotta per l'emancipazione si è conclusa in solo tempi recenti.

"Adesso possiamo finalmente crescere i nostri bambini. Questo fa rinascere le nostre comunità in movimento. E anche le nuove generazioni non vogliono finire in un appartamento, non è la nostra cultura. Vogliamo solo essere liberi".

Liberi di commerciare, aggiustare sedie, affilare coltelli, lavorare alla giornata sui cantieri e soprattutto viaggiare come facevano i loro avi e come mostrano oggi al pubblico di Zurigo.

Ma per mantenere questa loro libertà, ricordano, hanno bisogno di campi in cui stazionare, quindi della solidarietà della popolazione sedentaria.

Per saperne di più

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