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Un pieno di plasma contro il coronavirus

© Keystone / Gaetan Bally

Vari istituti ticinesi (EOC, IRB e CRS) proseguono la fase sperimentale di cura dei malati di Covid immunodepressi con gli anticorpi prodotti dai pazienti guariti. La testimonianza di una paziente: "Effetto benefico immediato"

Questo contenuto è stato pubblicato il 10 febbraio 2021 - 20:48
tvsvizzera/spal con RSI (Quotidiano del 10.2.2021)

La cura con il plasma di persone che si sono ammalate di Covid - e per questo hanno sviluppato gli anticorpi - sta dando i primi incoraggianti risultati. Lo evidenzia uno studio dell’ente ospedaliero cantonale (EOC), in collaborazione con l’IRB e il servizio trasfusionale della Svizzera italiana (CRS).

La ricerca – pianificata durante la prima ondata e condotta su una decina di persone - intende evidenziare in che modo il plasma di una persona che ha sviluppato gli anticorpi può influenzare il sistema immunitario di un malato di Covid.

I risultati scientifici, analizzati dall’IRB, non sono ancora stati resi pubblici. Ma come detto i primi indicatori sono positivi e dunque la terapia sperimentale con il plasma negli ospedali della Svizzera italiana è continuata. E sulla base delle indicazioni che provengono da studi ed esperienze estere è stata anche estesa, soprattutto ai pazienti con un sistema immunitario compromesso.

Per questa categoria di degenti, che sono particolarmente fragili, sembra sia possibile anche scongiurare il rischio di contrarre il virus in forma cronica.

"Dopo la terza trasfusione ho sentito subito un effetto benefico. E alcuni giorni dopo sono stata dimessa", ci racconta Stefanie Dragun.

L’idea è ora quella di unire le forze e, d’accordo con tutti gli ospedali universitari svizzeri dove si sta sperimentando questa terapia, di analizzare tutti i dati raccolti in base ad un protocollo comune.

La strategia di utilizzare gli anticorpi contenuti nel plasma non è nuova ed è già stata utilizzata 100 anni fa con la Spagnola, quando gli antivirali non esistevano ancora. E poi, più recentemente, con la SARS e con l’Ebola.

L'approfondimento del Quotidiano della RSI.

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