Regioni di confine, per il Governo non serve aumentare la sorveglianza alle frontiere
La protezione dei confini nazionali svizzeri non va rafforzata secondo l'Esecutivo.
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Keystone-ATS
Respingendo una mozione del democentrista vodese Yvan Pahud, il Consiglio federale ribadisce come gli attuali controlli in funzione dei rischi e in base alla situazione siano sufficienti. Secondo l’atto parlamentare del consigliere nazionale vodese, la legislazione andrebbe adeguata in modo da assicurare una protezione permanente delle frontiere. A tale scopo deve essere garantita la disponibilità ininterrotta di un numero sufficiente di pattuglie mobili dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC), nonché la sorveglianza dei principali valichi mediante strumenti elettronici.
Per Pahud, gli episodi criminali che interessano la Svizzera stanno raggiungendo nuovi record. Il deputato romando porta l’esempio dei numerosi casi di attacchi notturni con esplosivi ai bancomat, che presentano tutti un modus operandi simile e finiscono con una fuga attraverso il valico di confine più vicino. La maggior parte è infatti commesso da bande straniere.
I controlli doganali, sia stazionari sia mobili, avvengono in qualsiasi giorno e a qualsiasi orario, replica dal canto suo il governo in una risposta odierna, con la quale raccomanda di bocciare la mozione. Inoltre, già oggi l’UDSC impiega mezzi elettronici per sorvegliare il traffico in modo efficiente e rispettoso delle risorse, tra cui circa 400 telecamere.
Pahud nel suo atto parlamentare suggerisce pure la possibilità per l’UDSC di ricorrere al personale del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS), ovvero agli agenti della sicurezza militare o ai militari. Su questo punto, l’esecutivo controbatte ricordando che l’esercito può sì fornire supporto in caso per esempio di chiusura dei confini, ma che i suoi collaboratori non possono effettuare controlli delle persone.
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