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Quando nello sport sono gli ormoni a definire il sesso

Caster Semenya ai mondiali di atletica leggere del 2009 a Berlino quando vinse la sua pria medaglia d oro a un mondiale.
Caster Semenya ai mondiali di atletica leggere del 2009 a Berlino quando vinse la sua prima medaglia d'oro a un mondiale a soli 18 anni. Da qui sono nati poi tutti i dubbi, le accuse e le cause. Keystone / Arno Balzarini

La mezzofondista e velocista sudafricana Caster Semenya, due volte campionessa olimpica degli 800 metri piani (nel 2012 e 2016), nonché tre volte campionessa mondiale della stessa specialità (nel 2009, 2011 e 2017) è stata discriminata dalla Svizzera.

Secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo Collegamento esterno(CEDU), la Svizzera ha violato i diritti dell’atleta sudafricana Caster Semenya. Le autorità sportive elvetiche avevano impedito all’atleta di partecipare a determinate gare dopo che quest’ultima si era rifiutata di abbassare il livello di testosterone.

Facciamo un passo in dietro

Caster Semenya, nata il 7 gennaio del 1991 in Sudafrica, nel 2009 a soli 18 anni ha fatto molto parlare di sé, fino a diventare un caso internazionale, dopo aver vinto la medaglia d’oro negli 800 metri femminili ai Mondiali di atletica leggera di Berlino, lasciando la seconda classificata a oltre 2 secondi. La vittoria però è stata subito messa in discussione a causa dei suoi tratti mascolini, uniti all’impressionante potenza con la quale ha demolito le sue rivali. Caster Semenya fu così accusata di essere un uomo. 

Dopo aver effettuato dei test di DNA (mai rivelati al pubblico per rispetto della sua privacy) Caster Semenya è stata poi riammessa alle competizioni e, nel 2012, ha vinto la medaglia l’oro alle Olimpiadi di Londra nella sua specialità: gli 800 metri femminili.

Caster Semenya è una donna con iperandrogenismo: condizione fisiologica in cui il corpo di una donna produce naturalmente una eccessiva quantità di ormoni androgeni, come il testosterone, rispetto alla media.

La IAAF – l’Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera, oggi World Athletics – per tutelare ogni atleta e rendere le competizioni sportive il più possibile “ad armi pari”, nel 2011 ha imposto una regola che obbliga le donne con iperandrogenismo a sottoporsi a una terapia ormonale per abbassare la produzione di ormoni androgeni, che ritengono possano falsificare le competizioni sportive.

Poco dopo, in accordo con la Federazione sudafricana, Caster Semenya ha fatto ricorso al TAS – il Tribunale arbitrale internazionale dello sport di Losanna – contestando questa misura, considerandola discriminatoria e lesiva nei suoi confronti.

Il TAS ha respinto il ricorso dell’atleta sudafricana, dando ragione al regolamento della IAAF. Così, se Caster Semenya avrà intenzione di continuare a gareggiare tra le atlete professioniste, deve sottoporsi obbligatoriamente a una terapia per ridurre i livelli di ormoni androgeni.

Nel luglio 2019, il Tribunale federaleCollegamento esterno aveva confermato la decisione del Tribunale arbitrale dello sport (TAS). A causa della decisione della massima corte elvetica, l’atleta sudafricana non aveva potuto difendere il titolo mondiale sugli 800 metri ai campionati del mondo di atletica leggere che si sono tenuti a Doha nel settembre 2019.

Ora, i giudici di Strasburgo hanno stabilito nella loro sentenza pubblicata martedì che Semenya non ha beneficiato di sufficienti garanzie istituzionali e procedurali all’interno della Confederazione. Stando alla CEDU, la Svizzera avrebbe discriminato la sportiva.

Stando alla decisione emessa a stretta maggioranza (4 giudici contro 3), la Svizzera ha violato gli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomoCollegamento esterno, ovvero quelli relativi al divieto di discriminazione e quelli che tutelano il diritto al rispetto della vita privata. Inoltre, vi è stata anche una violazione dell’articolo 13 della stessa Convenzione, relativo al diritto ad un ricorso effettivo.

Tuttavia, la decisione di Strasburgo non invalida le regole dettate dalla IAAF e non consentirà a Semenya di poter gareggiare direttamente sugli 800 m senza alcun trattamento.

Non solo Semenya

Altro caso recentemente tornato alla ribalta riguarda la calciatrice dello Zambia Barbra Banda. Durante le recenti partite amichevoli di calcio contro la Svizzera e la Germania, l’attaccante ha nuovamente attirato l’attenzione del pubblico per le sue ottime prestazioni e i tanti gol. Ma a causa dei suoi alti livelli di testosterone, la 23enne calciatrice è anch’essa oggetto di controversie.

Già alle Olimpiadi del 2021, Barbra Banda ha fatto notizia segnando una raffica di gol. L’attaccante dello Zambia è stata ritenuta da più parti un uomo. Non le è così stato permesso di giocare alla Coppa d’Africa del 2022. La sua idoneità le era stata revocata poco prima dell’inizio del torneo.

Secondo il presidente della federazione zambiana Andrew Kamanga, i criteri stabiliti dalla Confederazione Africana di Calcio (CAF) non sono stati soddisfatti. Come hanno riportato i media, i livelli di testosterone di Banda erano più alti del consentito.

Gli zambiani hanno criticato la Confederazione Africana di Calcio rea secondo loro di porre regole molto più rigorose rispetto a quelle delle Olimpiadi, dove a Banda è stato permesso di giocare. Fatto sta che la massima istanza calcistica, la FIFA, si è pronunciata sul “caso Barbra Banda”, annunciando che la giocatrice potrà partecipare ai Mondiali in Australia e Nuova Zelanda in programma dal 20 luglio 2023 al 20 agosto.

Non sarebbe il caso che CIO, FIFA, CAF, World Athletics e tutte le altre federazioni sportive utilizzassero gli stessi parametri per giudicare se un’atleta possa o meno gareggiare o giocare con le donne? Non si incorrerebbe nei casi spiacevoli di Semenya o Banda o di chi potrà arrivare in futuro.

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