Professione CEO? “Si guadagna bene, ma il divertimento è finito”
Non è tutto rose e fiori...
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Secondo il celebre cacciatore di teste Björn Johansson, oggi guidare una grande azienda come CEO è diventato un compito sempre più gravoso e poco gratificante, tra pressioni comunicative, rischi di licenziamento e difficoltà di conciliazione con la vita privata, mentre la presenza femminile ai vertici rimane ancora limitata soprattutto nelle direzioni.
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Essere presidente della direzione (Chief Executive Officer, CEO) di una grande impresa oggi non è più divertente, anche perché occorre prestare la massima attenzione a cosa si dice: lo afferma Björn Johansson, uno dei più celebri cacciatori di teste della Svizzera.
“Hanno paura di dire qualcosa di sbagliato”, afferma il 77enne in un’intervista pubblicata lunedì dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ). “Oggi le regole sono molto severe, soprattutto per le imprese quotate in borsa. Quindi devi stare molto attento a quello che dici. Tutti analizzano le tue dichiarazioni: l’ufficio stampa, l’ufficio legale. È vero: il divertimento è finito”.
Il mestiere è molto ben pagato, è molto prestigioso, ma non è divertente, prosegue lo specialista nato in Norvegia. “E ha anche ripercussioni sulla famiglia. Quando è stato reso noto il bonus di un mio amico CEO che avevo collocato, i suoi figli sono stati vittime di bullismo a scuola”.
Spesso dietro al manager non si vede più la persona. “Fanno eccezione gli imprenditori che possono essere se stessi. Il proprietario di Amag Martin Haefner, ad esempio: l’azienda è di sua proprietà al 100%, quindi non deve mai fingere di essere diverso da quello che è. Ho fatto molto per lui. Tra le altre cose, ho inserito tutti i membri del CdA; tranne, ovviamente, lo stesso Haefner”.
“Il CEO medio non mantiene il proprio posto di lavoro per più di cinque anni”, sottolinea il professionista con studi a San Gallo e negli Stati Uniti. “A volte vieni licenziato dopo meno di un anno, senza motivi specifici. Vivi sempre con la paura di essere licenziato. Molti non sanno cosa fare in quel caso: spesso è la prima volta che si trovano ad affrontare un licenziamento”.
Poche donne ai vertici
Perché – chiedono i giornalisti della NZZ – vi sono sempre poche donne ai vertici? “Oggi collochiamo prevalentemente donne. Ho inserito oltre venti donne nei consigli di amministrazione delle aziende dell’SMI”, il listino principale della borsa elvetica, in cui sono rappresentate 20 società. “Nei consigli di amministrazione in Svizzera abbiamo raggiunto la quota rosa, con poche eccezioni: il problema è risolto”.
La situazione è però diversa nelle direzioni. “A livello di CEO ci sono ancora pochissime donne, sia in Svizzera che in Norvegia, Germania o Inghilterra”, spiega l’esperto. Il motivo? “I figli. Essere CEO è molto faticoso. Ed essere CEO e avere figli allo stesso tempo è ancora più faticoso”. Il mondo però sta cambiando. “Trent’anni fa partecipavo a riunioni con soli uomini: oggi le cose sono diverse e ne sono felice”.
Anche gli uomini – osservano i cronisti del quotidiano – attribuiscono maggiore importanza alla famiglia e all’equilibrio tra vita privata e lavoro. “Ma molto meno delle donne”, replica l’intervistato. “La pressione a livello dirigenziale è enorme. Gli uomini sono disposti ad accettarla: la maggior parte delle donne abbandona il lavoro quando arriva il primo figlio.
CEO a tempo parziale? Impossibile
Essere CEO ed essere impiegato all’80% non è possibile? “No, no, non funziona. Prima o poi arriva una crisi. E in caso di crisi devi lavorare giorno e notte. Ma così è la vita, no? Chi non lo desidera può rivolgersi allo stato. Certo, paga meno del settore privato, ma offre un lavoro sicuro”.
Che cosa dire del Consiglio federale? “La Svizzera è il miglior Paese al mondo e abbiamo il miglior sistema politico al mondo. Guardate il Regno Unito, la Germania, la Francia: è tutto un disastro. Il Consiglio federale è il Consiglio federale: il nostro sistema è più lento, ma funziona, è solido, è prevedibile”.
“Il lavoro svolto da un consigliere federale è enorme”, prosegue il professionista attivo a Zurigo dal 1993. “Ma il sistema elvetico è davvero impressionante. Ecco perché tutti vogliono venire in Svizzera. Tra l’altro anche molti norvegesi: Morten Wierod, numero uno di ABB, è norvegese, Börge Brende, presidente del Forum economico mondiale (WEF), è norvegese, io sono norvegese”.
“Sapete qual è la mia visione politica?”, chiede Johansson. “Una fusione tra Norvegia e Svizzera! Sarebbe un nuovo paese sensazionale. Lo dico molto seriamente. In Norvegia abbiamo petrolio, gas naturale, pesce e disponiamo di molto spazio. La Svizzera ha invece i politecnici federali, l’Università di San Gallo e tutte le multinazionali. E ci sono molti punti in comune: le montagne, la natura, lo sport. Popoli con i piedi per terra. Un paese Svizzera-Norvegia, che sogno”, conclude il dirigente che parla tedesco, inglese, norvegese, svedese e danese.
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