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Parlamento: “I jihadisti vanno espulsi senza troppi riguardi”

Gli stranieri su territorio svizzero condannati per terrorismo vanno espulsi verso i rispettivi paesi di origine anche se lì la loro vita potrebbe essere in pericolo. È l'opinione della Camera alta del Parlamento elvetico che ha approvato una mozione in tal senso già accolta lo scorso anno dalla Camera bassa. 

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Il Consiglio degli Stati (camera alta del parlamento elvetico) per 22 voti a 18 ha approvato una mozione del ticinese Fabio Regazzi Collegamento esterno(Partito popolare democratico Ppd, centro), già accolta dal Consiglio nazionale (Camera bassa) per 102 voti a 73 lo scorso settembre.

Regazzi chiede al governo di “modificare la prassi procedendo all’allontanamento di jihadisti condannati per atti a favore dell’Isis nei rispettivi paesi, anche se questi sono considerati ‘paesi poco sicuri’ “. 

Karin Keller Sutter
La responsabile del Dipartimento di giustizia svizzero, Karin Keller-Sutter, si era schierata contro la mozione. © Keystone / Peter Schneider

Contraria a Costituzione e diritto internazionale

Sia la commissione preparatoria che la ministra della giustizia Karin Keller-Sutter chiedevano invece di bocciare la proposta, dal momento che la Costituzione e il diritto internazionale vietano l’espulsione di persone che nei Paesi di origine rischiano di essere torturate o condannate a morte.

Insomma, anche se accolto, un simile atto parlamentare rischia di non poter essere applicato, ha messo in guardia la responsabile del Dipartimento di giustizia e polizia.

Per la maggioranza della commissione, rappresentata in aula da Pascale Bruderer-Wyss (Partito socialista), la Svizzera non deve trasformarsi in un aguzzino. Tra l’altro, ha ricordato la “senatrice” argoviese, sono in fase di studio progetti di legge che prevedono l’adozione di nuove misure preventive di polizia per la lotta al terrorismo. 

In questo contesto saranno esaminati anche provvedimenti contro persone condannate in relazione ad atti terroristici e che, dopo aver scontato la loro pena detentiva, non possono essere espulse a causa del divieto di respingimento pur continuando a rappresentare un pericolo per la sicurezza del Paese.

Per Andrea Caroni (Partito liberale radicale Plr, destra), la mozione attacca i valori fondamentali della nostra Costituzione, come il divieto della tortura, una norma parte integrante del diritto internazionale cogente. Questi valori vanno protetti costi quel che costi, ha spiegato il parlamentare appenzellese.

Queste spiegazioni non hanno impressionato Thomas Minder (Indipendente), secondo cui la presenza di terroristi islamici sul nostro territorio oltre a costarci molti soldi, genera frustrazione e incomprensione nella popolazione. Lo sciaffusano ha citato il caso concreto di un iracheno, condannato per terrorismo e ora a piede libero nel suo Cantone. Quest’uomo non può essere espulso perché nel suo Paese di origine rischierebbe la tortura o la morte e nessun Comune lo vuole ospitare. Ebbene a detta di Minder questa situazione è insoddisfacente dal punto di vista della sicurezza.

Nel suo intervento, Martin Schmid (Plr) ha espresso sostegno alla mozione, a patto che all’atto pratico il Consiglio federale sfrutti al massimo il suo margine di manovra affinché non violi la Costituzione federale.

Priorità alla sicurezza

La ministra Keller-Sutter ha ammesso che la presenza sul territorio elvetico di persone condannate giudicate pericolose è un fatto difficile da digerire. 

La priorità, ha aggiunto, va alla sicurezza della popolazione: per questo, ha spiegato la consigliera federale sangallese, il suo dipartimento sta verificando, assieme a quello degli esteri, se non sia possibile allontanare queste persone – si tratta in concreto di 5 individui – verso l’Iraq o uno Stato terzo pronto ad accoglierli. Per adesso ciò non è possibile perché rischiano la tortura e la morte, ha aggiunto.

La situazione potrebbe cambiare se si dovesse ottenere per via diplomatica l’assicurazione che a queste persone non verrà fatto del male. Secondo Keller-Sutter, la mozione Regazzi rischia di spingere la Svizzera ai limiti dello Stato di diritto.

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