L’orologeria svizzera perde lavoratori per la prima volta dallla pandemia
Il settore orologiero svizzero registra la sua prima contrazione dell'organico dalla crisi pandemica, a causa di un rallentamento economico globale che provoca un calo degli occupati con dinamiche regionali contrastanti e prospettive incerte.
Dopo anni di crescita ininterrotta il settore orologiero svizzero registra un’inversione di tendenza, perlomeno sul fronte dell’organico. A fine settembre 2025 la manodopera attiva nel ramo era costituita da 64’807 lavoratori e lavoratrici, in flessione di 835 (-1,3%) rispetto all’anno prima. Si tratta della prima contrazione dall’uscita dalla crisi pandemica.
La flessione riflette un contesto economico globale più difficile, caratterizzato da un rallentamento della domanda di consumi di lusso e da una contrazione dei volumi di produzione, spiega in un comunicato odierno Convention Patronale (CP), l’associazione dei datori di lavoro del comparto. Nonostante gli sforzi delle aziende per preservare l’occupazione il ricorso esteso al lavoro ridotto – attualmente utilizzato da oltre un quarto delle imprese – non è stato sufficiente ad assorbire completamente la pressione.
Le dinamiche sono contrastanti a livello regionale. I cantoni storici per il settore come Vaud (-4,2%), Neuchâtel (-3,5%), Giura (-3,2%) e Berna (-2,1%) subiscono i cali più marcati, risentendo della flessione nelle attività di componentistica e assemblaggio. In controtendenza, Ginevra mostra una crescita del 3,0%, trainata da segmenti di alta gamma meno sensibili alle turbolenze. Il Ticino (-1,3% a 1’577 addetti/e) si muove da parte sua perfettamente in linea con la media nazionale.
Il comparto continua comunque a investire nella formazione. Nel 2025, il 27,8% dei dipendenti possedeva una formazione superiore e le apprendiste e gli apprendisti hanno raggiunto il numero di 1’685, confermando l’impegno delle aziende per la trasmissione del sapere.
Le prospettive per il 2026 restano incerte. La possibile uscita graduale dal lavoro ridotto potrebbe aumentare la pressione sull’occupazione, osserva la CP. Se la congiuntura negativa dovesse persistere alcune imprese potrebbero essere costrette a un ridimensionamento strutturale. La situazione appare però meno grave della crisi del 2009, quando il ramo perse oltre 4’200 impieghi in un anno. L’industria orologiera, che ha creato più di 15’000 posti di lavoro nell’ultimo decennio, si prepara comunque a navigare in acque più agitate.
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