Omofobia, il polemista franco-svizzero Alain Soral andrà in prigione

Il Tribunale federale (TF) ha confermato la condanna di Alain Soral per discriminazione e incitamento all'odio in relazione a commenti omofobi rivolti a una giornalista. Per motivi procedurali, la pena detentiva è stata ridotta da 60 a 40 giorni.
La sentenza emessa giovedì dal Tribunale federale era attesa poiché è la prima volta che la più alta istanza giudiziaria svizzera si esprime su un caso di discriminazione basata sull’orientamento sessuale. Il 9 febbraio 2020, la popolazione svizzera aveva accettato in votazione di includere questa disposizione nel Codice penale, estendendo l’articolo 261 bis relativo ai reati di discriminazione e incitamento all’odio.
+ L’approfondimento sulla votazione del 9 febbraio 2020.
In prima istanza, l’ideologo di estrema destra Alain Soral era stato condannato solo per diffamazione a una pena pecuniaria di 30 aliquote giornaliere. In appello, il Tribunale cantonale lo ha riconosciuto colpevole di discriminazione e incitamento all’odio sulla base dell’orientamento sessuale e lo ha condannato a una pena detentiva di 60 giorni, decisione ampiamente confermata dal Tribunale federale.
Alain Soral, il cui vero nome è Alain Bonnet, nel 2021 ha pubblicato un video in cui attaccava una giornalista de La Tribune de Genève e 24 heures, autrice di un articolo su di lui. La definiva “grassa lesbica” e “attivista queer”, insinuando che questo termine significasse “squilibrata”, e ha persino pubblicato una sua foto.
Argomentazioni respinte
Dopo la sentenza di secondo grado, il 65enne, trasferitosi a Losanna nel 2019, ha presentato ricorso. In particolare, chiedeva di essere assolto dall’accusa di discriminazione e incitamento all’odio.
In sostanza, il ricorrente sosteneva di non aver attaccato un gruppo protetto dall’articolo 261 bis, argomentando che il termine queer si riferisce all’identità di genere e non all’orientamento sessuale e che le sue affermazioni non erano offensive. Il TF ha respinto entrambe le argomentazioni.
Il linguaggio utilizzato era “avvilente”, “disumanizzante” e “oltraggioso”, ha dichiarato l’Alta Corte. Invitava gli utenti di Internet a disprezzare la giornalista, in particolare a causa del suo orientamento sessuale. Secondo il TF, “non c’è dubbio che il messaggio tenda a suscitare ed eccitare un sentimento di odio”. Come sottolineato dal Tribunale cantonale, l’autore ha agito intenzionalmente, per cui sono soddisfatti tutti gli elementi costitutivi dell’articolo 261 bis.
Inoltre, il ricorrente non può far valere la libertà giornalistica o la protezione offerta al dibattito politico. Non è impegnato in un’organizzazione mediatica e non ricopre una carica politica, ha sentenziato l’Alta Corte.
Pena leggermente ridotta
Alain Soral ha però parzialmente vinto per quanto riguarda la durata della pena. Essendo entrata in vigore la pena di 30 aliquote giornaliere inflitta in primo grado per diffamazione, il Tribunale cantonale non poteva condannarlo a 60 giorni di carcere, di cui 20 per diffamazione.
Alla fine, Soral dovrà pagare 30 giorni di aliquote a 50 franchi per diffamazione e scontare una pena detentiva di 40 giorni per discriminazione e incitamento all’odio. Secondo il TF, la scelta di una pena detentiva invece di quella pecuniaria non è criticabile, visti i precedenti del ricorrente in Francia (22 condanne) e la sua insensibilità alla sanzione penale.

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