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Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

in materia bancaria, si possono fare sempre più cose dallo schermo del proprio cellulare. Ma come potrete constatare in questa selezione di notizie, l’evoluzione non piace necessariamente a tutti.

Inoltre, nel programma di questo mercoledì: Gaza, che occupa molto il DFAE, e la questione del turismo eccessivo sul "Tetto d'Europa".

Buona lettura!

pagamento con cellulare
Il telefono cellulare s’impone sempre più come mezzo di pagamento. Keystone / Christian Beutler

L’online banking compie un nuovo passo in Svizzera. Sviluppata da SIX, la piattaforma bLink è stata lanciata per la clientela privata. Otto grandi banche del Paese – tra cui UBS, PostFinance e le banche cantonali vodese e zurighese – partecipano già a questa iniziativa che a termine dovrebbe riunire 30 istituti finanziari e 2 fintech.

Concretamente, la nuova piattaforma permette di raggruppare i conti di diverse banche e di fornitori terzi in un’unica applicazione e di effettuarvi operazioni. Per analogia, il principio di funzionamento è simile a quello di un programma di posta elettronica che consente di connettersi e gestire più account e-mail.

Già ben consolidata all’estero, questa tecnologia è progredita più lentamente in Svizzera, in assenza di un obbligo legale – a differenza dell’UE, dove una direttiva impone l’apertura dei dati bancari – e a causa della prudenza degli istituti finanziari, attenti alla sicurezza e alla protezione dei dati. Una volta avviato, questo movimento potrebbe aprire la strada a un vero e proprio ecosistema di Open Finance, che includa assicurazioni e investimenti.

Si tratta quindi di un nuovo passo verso la digitalizzazione dei pagamenti. Questa evoluzione, però, non rende tutti felici. Un articolo del quotidiano 24 heures rivela che sempre più piccoli commercianti stanno abbandonando TWINT a causa delle commissioni, giudicate troppo elevate, di questa applicazione di pagamento elettronico sviluppata dalle banche svizzere. Interpellato dal Blick, il portavoce di TWINT si è detto “stufo” del dibattito su queste tariffe e ritiene che le condizioni di TWINT siano “molto competitive”.

L'accoglienza all'aeroporto di Ginevra di partecipanti alla flottiglia per Gaza al loro ritorno da Israele.
L’accoglienza all’aeroporto di Ginevra di partecipanti alla flottiglia per Gaza al loro ritorno da Israele. Keystone / Pierre Albouy

Non viene precisato se potranno pagare con TWINT, ma quel che è certo è che le persone che hanno partecipato alle azioni della flottiglia per Gaza hanno appena ricevuto una lettera dal Dipartimento federale degli affari esteri che chiede loro il rimborso dei servizi forniti dalla Confederazione. L’aiuto che la Svizzera fornisce ai suoi cittadini e cittadine all’estero non è gratuito, soprattutto se i rischi erano noti.

Non viene precisato se potranno pagare con TWINT, ma quel che è certo è che le persone che hanno partecipato alle azioni della flottiglia per Gaza hanno appena ricevuto una lettera dal Dipartimento federale degli affari esteri che chiede loro il rimborso dei servizi forniti dalla Confederazione. L’aiuto che la Svizzera fornisce ai suoi cittadini e cittadine all’estero non è gratuito, soprattutto se i rischi erano noti.

Le fatture riguardano 19 persone di nazionalità svizzera che hanno partecipato a “Waves of Freedom” e una a “Thousand Madleens to Gaza”. Per la cronaca, questa flottiglia internazionale aveva l’obiettivo di rompere il blocco israeliano e di portare aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Tuttavia, gli attivisti e le attiviste sono stati arrestati e trattenuti per alcuni giorni dalle autorità israeliane.

Le fatture vanno da 300 a 1’047 franchi e coprono i costi legati al rimpatrio, agli interventi presso le autorità israeliane e alle visite in prigione. I legali degli attivisti e delle attiviste erano stati avvertiti che avrebbero potuto essere addebitati dei costi qualora gli avvertimenti ufficiali di non partecipare a tale operazione fossero stati ignorati.

Le persone coinvolte hanno reagito con forza. Denunciano fatture “incomprensibili”, affermando di aver ricevuto solo un aiuto minimo, a volte limitato a una breve visita in prigione. Alcuni parlano di “abbandono totale” e giudicano la decisione “disonorevole”. Sono già stati annunciati ricorsi contro la decisione del DFAE.

ignazio cassis
Il consigliere federale Ignazio Cassis si è presentato mercoledì davanti alla stampa per illustrare il piano svizzero per Gaza. Keystone / Peter Klaunzer

Durante la sua tradizionale seduta settimanale del mercoledì, il Consiglio federale ha deciso di sostenere l’attuazione del piano statunitense per Gaza, il “Gaza Peace Plan for Peace in the Middle East”. A tal fine, la Confederazione sbloccherà un pacchetto supplementare di 23 milioni di franchi.

Il contributo svizzero è stato presentato alla stampa dal capo del Dipartimento federale degli affari esteri, Ignazio Cassis. La maggior parte di questo sostegno riguarda l’aiuto umanitario d’urgenza, con priorità all’accesso all’acqua, alle cure e ai beni di prima necessità. Un importo di 17,5 milioni sarà destinato a organizzazioni come l’OCHA (5 milioni), il CICR (4 milioni), la Mezzaluna Rossa Palestinese (2 milioni) e la Jordan Hashemite Charity Organization (1 milione).

Un’enfasi particolare è posta anche sulla protezione dei e delle minorenni, con un pacchetto di 5,5 milioni. Questa somma sarà concessa all’UNICEF (2,5 milioni), all’OMS (2 milioni) e a Save the Children (1 milione), per azioni a favore dell’istruzione, del sostegno psicosociale e dell’evacuazione delle persone ferite. Un progetto con la FIFA prevede anche la costruzione di mini-campi da calcio per offrire spazi sicuri ai e alle giovani. Infine, 4 milioni sono stanziati per il meccanismo europeo PEGASE (sanità a Gerusalemme Est), 1 milione per la Banca Mondiale per le riforme finanziarie e 500’000 franchi per lo sminamento.

Da ottobre 2023 l’aiuto umanitario della Svizzera è arrivato così a un totale di 150 milioni di franchi. Il Consiglio federale ritiene che questo sostegno rimanga necessario: “Malgrado l’aumento degli aiuti umanitari dopo il cessate il fuoco del 10 ottobre 2025 […], le esigenze sul campo restano enormi “, indica il Governo.

Il marketing ha permesso di far conoscere la Jungfrau fino in Asia.
Il marketing ha permesso di far conoscere la Jungfrau fino in Asia. Keystone / Peter Klaunzer

È risaputo che la folla si accalca sulla cima della Jungfrau, su quel “Top of Europe” tanto decantato dal marketing. Ma i turisti e le turiste sono molti/e o troppi/e? La guida turistica statunitense Fodor’s propende per la seconda ipotesi e sconsiglia questa destinazione.

È la prima volta che un sito turistico svizzero finisce sulla temuta “No list” della guida statunitense, ovvero la lista delle destinazioni da evitare a causa del turismo eccessivo, della pressione sulla natura o dell’insofferenza della popolazione locale. In questa lista, la Jungfrau si trova in compagnia delle Isole Canarie, di Città del Messico e del quartiere parigino di Montmartre.

Il responsabile del turismo della regione della Jungfrau, naturalmente, non condivide questa opinione. Confrontare la Jungfrau con Città del Messico o le Canarie equivale a “paragonare le mele con le pere”, ha dichiarato Marc Ungerer al quotidiano Blick, soprattutto perché il “Tetto d’Europa” attira un numero minore di turisti e turiste rispetto a queste destinazioni e questo tipo di turismo non suscita proteste tra la popolazione locale.

Dall’altra parte dell’Atlantico, lo spettro del turismo di massa potrebbe allontanarsi dai famosi parchi nazionali statunitensi. La stampa svizzera di mercoledì dà ampio risalto a una nuova idea dell’amministrazione Trump. A partire dal prossimo anno, le straniere e gli stranieri che visitano queste destinazioni dovranno pagare tre volte di più rispetto agli i statunitensi per potervi accedere. Una decisione spiegata con la volontà di dare “la priorità agli americani”.

Una volontaria depone delle candele accanto a scarpe arancioni e cartelli in memoria delle vittime di femminicidio, in un'installazione alla Wasserkirche di Zurigo, durante la campagna 16 giorni contro la violenza sulle donne.
Keystone / Michael Buholzer

Foto del giorno

Una volontaria depone delle candele accanto a scarpe arancioni e cartelli in memoria delle vittime di femminicidio, in un’installazione alla Wasserkirche di Zurigo, durante la campagna 16 giorni contro la violenza sulle donne.

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