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Un aereo di swiss

Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

Svizzera e Stati Uniti hanno trovato un'intesa nella complessa questione dei dazi doganali. Questi ultimi passano dall'attuale 39% al 15%.

Un rapporto della CPC critica le lacune strutturali dei consolati onorari svizzeri. E 20 anni dopo la "disgrazia di Istanbul", i media svizzeri ricordano il drammatico spareggio prima dei Mondiali di calcio del 2006.

Buona lettura.

Bandiera svizzera con la scritta 39%.
: I dazi statunitensi del 39% sulle esportazioni svizzere sono solo un ricordo. Trovata un’intesa al 15%. Keystone / Til Buergy

Oggi ci occupiamo dei negoziati doganali tra Svizzera e Stati Uniti. Il Consigliere federale Guy Parmelin si è recato nuovamente a Washington e, nella giornata odierna, il Consiglio federale ha annunciato il raggiungimento di un’intesa sulla complessa questione dei dazi: questi ultimi scenderanno dall’attuale 39% al 15%. 

Parmelin, accompagnato dalla direttrice della SECO Helene Budliger Artieda, ha incontrato il rappresentante del commercio statunitense Jamieson Greer. Prima dell’incontro, Parmelin era rimasto sul vago: “Sono qui per chiarire alcuni punti”, aveva dichiarato, senza fornire ulteriori spiegazioni. Successivamente, ha affermato con fiducia alla SRF: “Abbiamo avuto un’ottima discussione. Abbiamo chiarito praticamente tutto”. 

Anche da parte statunitense, secondo la Reuters, si è parlato di colloqui “molto positivi”. Un alto funzionario aveva prospettato la possibilità di ridurre le tariffe sulle esportazioni elvetiche, a condizione che la Svizzera riducesse a sua volta i dazi e alcune barriere commerciali. Lo stesso presidente Trump aveva anticipato martedì scorso: “Stiamo lavorando a un accordo per abbassare un po’ i loro dazi… vogliamo che la Svizzera continui ad avere successo”. E così è stato. 

Il ritmo dei colloqui ha subito una notevole accelerazione dopo la visita di una delegazione di imprenditori svizzeri nello Studio Ovale, culminando nella decisione odierna. Il Governo elvetico ha infine ringraziato il presidente Donald Trump per il suo impegno costruttivo. 

Vanuatu
Nell’ottobre 2025 è stato aperto a Vanuatu un consolato onorario svizzero. Copyright 2025 The Associated Press. All Rights Reserved

Cresce il numero di consolati onorari svizzeri nel mondo, ma dietro a questa “diplomazia ombra” si celano lacune strutturali, strategie poco chiare e rischi per la reputazione. È quanto emerge da un nuovo rapporto del Comitato di controllo del Consiglio degli Stati, che ora chiede riforme urgenti. 

Negli ultimi 30 anni, il numero dei consolati onorari svizzeri è raddoppiato, con 224 persone che oggi ricoprono tale carica in 105 Paesi. A seguito di questa espansione, la Commissione parlamentare di controllo (CPC) ha incaricato il Controllo parlamentare dell’amministrazione (CPA) di condurre una valutazione nel gennaio 2024. Secondo i risultati, i consolati onorari forniscono un effettivo valore aggiunto e il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) li sostiene in modo adeguato. 

Tuttavia, il sistema presenta anche delle criticità. Il rapporto, secondo quanto riportato dalla NZZ, critica la mancanza di “linee guida strategiche” da parte del DFAE per l’impiego dei consoli onorari. In alcuni casi, continuano a operare consolati “in cui gli interessi svizzeri sono quasi inesistenti”. Un punto particolarmente sensibile riguarda la verifica degli interessi personali dei “diplomatici dilettanti” al momento della nomina, che il DFAE non condurrebbe in modo sufficientemente sistematico, nonostante i rischi elevati in settori ad alta propensione alla corruzione. La CPC chiede quindi un esame sistematico di questi potenziali conflitti di interesse. 

Il rapporto evidenzia la fragilità della rete internazionale: “Più di 500 persone sarebbero coinvolte in casi penali, scandali o indagini a livello internazionale”, scrive oggi la NZZ. Sebbene i consolati onorari svizzeri risultino relativamente poco problematici, il sistema rimane vulnerabile. La CPC chiede quindi criteri di selezione più chiari e una gestione del rischio più attiva. Il Consiglio federale dovrà pronunciarsi su queste raccomandazioni entro la metà di febbraio. Seguiremo gli sviluppi. 

Telefonino.
: Sono stati analizzati i risultati della votazione sull’e-ID e sul valore locativo (immagine simbolica). Keystone / Anthony Anex

Anche se le votazioni del 28 settembre sono ormai lontane, una nuova analisi Vox rivela i fattori che hanno influenzato le decisioni dell’elettorato: fiducia nelle istituzioni, atteggiamento verso la digitalizzazione e situazione sociale

L’introduzione dell’e-ID è stata approvata di misura, con il 50,4% di voti favorevoli. Secondo l’analisi Vox, la più importante valutazione scientifica dei referendum svizzeri, la fiducia nelle autorità e l’apertura alla digitalizzazione sono stati determinanti. L’elettorato di sinistra ha sostenuto la legge in modo significativo (72% deii “sì”), a differenza di quello di destra (solo il 34%). Hanno votato a favore soprattutto le persone sotto i 40 anni e con reddito o istruzione più elevati, mentre l’elettorato più anziano e le donne hanno mostrato maggiore scetticismo. 

Chi considera la digitalizzazione una semplificazione ha appoggiato l’e-ID con una maggioranza schiacciante dell’85%. Al contrario, solo il 15% di coloro che la percepiscono come un problema sociale si è detto favorevole. Anche la fiducia nelle istituzioni ha giocato un ruolo chiave: le persone intervistate con un alto livello di fiducia nel Consiglio federale o nel responsabile per la protezione dei dati hanno in gran parte sostenuto il progetto

Infine, l’analisi Vox spiega il chiaro “sì” all’abolizione del valore locativo figurativo con un forte senso di equità: molte elettrici e molti elettori non ritenevano giusto pagare tasse su un reddito di fatto non percepito. Il consenso è cresciuto con l’orientamento politico verso destra. Due persone ultrasettantenni su tre si sono dette favorevoli, mentre gli affittuari e le affittuarie hanno mostrato un sostegno decisamente inferiore. 

Giornali.
Ecco le prime pagine dei giornali in Svizzera il giorno dopo la qualificazione della Svizzera ai Mondiali di calcio in Germania. Keystone / Steffen Schmidt

Sono trascorsi vent’anni da quella che è probabilmente la settimana più turbolenta nella storia del calcio svizzero, nota come la “vergogna di Istanbul“. I media elvetici oggi ricordano quel 16 novembre 2005. 

Vent’anni fa, la squadra nazionale si giocava l’accesso alla Coppa del Mondo 2006 a Istanbul, in una trasferta che la RTS definisce ancora oggi come la più selvaggia mai vissuta dal calcio svizzero. Dopo la vittoria per 2-0 all’andata a Berna, l’accoglienza in Turchia fu immediatamente ostile. Un collega testimone oculare mi ha raccontato oggi di come squadra e tifosi furono intimiditi fin dall’atterraggio: un cartello all’aeroporto recitava “5-0, benvenuti all’inferno!”, i controlli dei passaporti durarono un’eternità e l’autobus della squadra fu bersagliato con pomodori e pietre. 

Nella partita di ritorno, descritta dalla RTS come un “uragano di rumore”, l’inno svizzero fu a malapena udibile. Alex Frei segnò su rigore dopo soli 50 secondi, ma poi iniziò la sofferenza. La Turchia pressò, provocò e si portò sul 3-1, un risultato che lasciò la Svizzera a un solo gol dall’eliminazione. Il 3-2 di Marco Streller a pochi minuti dalla fine portò un momentaneo sollievo, ma il 4-2 di Tuncay trasformò i minuti finali in un thriller. La Nati riuscì a salvarsi, ma il peggio doveva ancora venire

Al termine della partita, i giocatori svizzeri furono aggrediti nel tunnel dello stadio e Stéphane Grichting rimase gravemente ferito, subendo conseguenze che, come ha dichiarato questa settimana ai giornali di CH Media, lo affliggono ancora oggi. La FIFA impose sanzioni considerate clementi alla Turchia e, sorprendentemente, punì anche alcuni giocatori svizzeri. Nonostante la qualificazione ottenuta, quella serata rimane un trauma. Ora, nel 2025, la nazionale farà di tutto per evitare un altro dramma: domani, a Ginevra, si assicurerà il biglietto per la Coppa del Mondo contro la Svezia. 

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