
Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
Sono trascorsi 100 giorni dal rientro di Donald Trump alla Casa Bianca. Oggi i media svizzeri stilano un bilancio dell'inizio del suo mandato, caratterizzato da una valanga di decreti, annunci shock e tira-e-molla sui dazi. Mentre il presidente americano fa notizia su alcune testate, altre hanno scelto di non dare troppo spazio all'uomo che sta scuotendo l'ordine geopolitico mondiale.
Buona lettura!

Il Governo svizzero ha deciso di sottoporre gli accordi con l’Unione Europea – i cosiddetti Bilaterali III – a un referendum facoltativo, che richiede l’approvazione da parte del popolo, ma non da parte della maggioranza dei Cantoni. Le reazioni non si sono fatte attendere.
Per l’Esecutivo, si tratta soprattutto di una questione di coerenza con la prassi passata, dal momento che il referendum facoltativo è stato utilizzato per gli accordi bilaterali I e II.
Ritiene inoltre che questa sia la soluzione costituzionalmente più valida e politicamente più praticabile, come spiega in un comunicato stampa. In ogni caso, il Parlamento avrà l’ultima parola sulla questione.
“È scioccante vedere fino a che punto la nostra democrazia diretta viene minata“, ha dichiarato Thomas Aeschi, leader del gruppo parlamentare dell’Unione democratica di Centro (UDC, destra conservatrice ed euroscettica), in reazione alla decisione del Governo.

“100 giorni di rumore e furore”, “100 giorni di Trump – 1000 licenziamenti”: la stampa svizzera fa il punto sui primi 100 giorni del secondo mandato del presidente statunitense Donald Trump. Alcuni media vi hanno dedicato una pagina speciale, ma molti hanno scelto di non metterla in evidenza.
“Gli anni di Trump saranno molto positivi per la Svizzera”, afferma Ed McMullen, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Svizzera, in carica durante il primo mandato di Donald Trump, al Blick. Amico intimo del presidente USA, McMullen elogia la leadership di Trump e l’efficacia della sua politica migratoria e sostiene che la situazione economica si risolleverà, ma che ci vorranno più di tre mesi.
L‘Agefi elenca cinque idee per aiutare l’economia svizzera ad assorbire lo shock delle dazi di Donald Trump. Il giornale economico suggerisce il ricorso a orari ridotti per evitare licenziamenti di massa, un sostegno finanziario sul modello dei “crediti Covid”, una riduzione della burocrazia, una diminuzione della tassazione e un freno alle dimensioni dell’amministrazione.
I quotidiani del gruppo Tamedia riportano l’impatto del programma di austerità di Donald Trump sulle ONG svizzere. In particolare, si nota una drastica riduzione dei finanziamenti per queste organizzazioni, che sta mettendo a rischio alcuni progetti. Si sono inoltre verificati un migliaio di licenziamenti nelle ONG (tra cui 65 tagli di posti di lavoro in Svizzera), la maggior parte dei quali dovuti ai tagli effettuati dagli Stati Uniti.

La dipendenza “malsana” della Svizzera dall’elettricità potrebbe portare a un enorme blackout come quello spagnolo, avverte Stéphane Genoud, professore di gestione dell’energia presso la Scuola universitaria professionale HES-SO Valais, sui quotidiani in lingua francese di Tamedia.
Lo specialista ricorda che il 30% dell’elettricità consumata in Svizzera in inverno proviene dall’Europa. “Se la produzione europea non sarà più sufficiente a coprire l’intero territorio, le trattative saranno molto difficili, perché ognuno sarà preoccupato delle proprie esigenze“, avverte.
“Dopo la crisi energetica legata alla guerra in Ucraina, il rischio di blackout è stato preso sul serio dalle autorità federali e cantonali“, afferma Genoud. Tuttavia, deplora il fatto che a livello locale i Comuni non abbiano fatto tutto il lavoro.
Genoud raccomanda di “agire molto rapidamente”, accelerando lo sviluppo dell’energia fotovoltaica, realizzando i progetti idroelettrici attualmente allo studio e installando 1’000 turbine eoliche in tutto il Paese. A suo avviso, tuttavia, l’energia nucleare non è una soluzione, poiché dati i lunghi tempi di realizzazione, ci vorrebbero circa 30 anni prima che una nuova centrale nucleare produca energia.

Il fenomeno dei “visti d’oro” è in piena espansione in Svizzera, secondo un’inchiesta dei giornali di Tamedia. Questa pratica controversa permette agli stranieri facoltosi di “comprare” legalmente un permesso di soggiorno nel Paese.
Attualmente nella Confederazione ci sono 496 persone con un cosiddetto visto d’oro. Sono 92 in più rispetto al 2023, con un aumento del 22% in soli due anni. I cantoni svizzeri offrono il diritto di residenza a chi è in misura di pagare, in tasse, una cifra minima compresa tra i 250’000 franchi e il milione.
I ricchi russi continuano a essere i più frequenti beneficiari di questi permessi nella Confederazione. Sono però sempre più numerosi i visti d’oro rilasciati a persone provenienti da Cina, Stati Uniti e Regno Unito. Il caso più noto è quello del cantante britannico Robbie Williams, che vive nel canton Berna.
Questi programmi di residenza basati sugli investimenti sono diventati sempre più controversi, soprattutto dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Negli ultimi anni, diversi Paesi hanno abbandonato questa pratica, ad esempio il Regno Unito e l’Irlanda.

Foto del giorno
Martedì una frana ha colpito la frazione di Ackersand a Stalden, nel Canton Vallese. La strada cantonale tra Visp e Stalden è stata bloccata a causa delle grandi quantità di detriti.
Tradotto con il supporto dell’IA/Zz

In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative