
Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
Tre consiglieri federali erano oggi in viaggio di lavoro al di fuori della Confederazione, uno in Cina e due negli Stati Uniti. L’obiettivo principale di queste visite è lo stesso: limitare i danni che la guerra commerciale innescata dall’amministrazione Trump potrebbe provocare all’economia elvetica.
Vi auguro una buona lettura!

“Risolvere il problema” dei dazi americani “attraverso il dialogo”. È questo lo scopo del Governo elvetico, ha dichiarato il ministro degli esteri svizzero Ignazio Cassis in conferenza stampa dopo un colloquio con l’omologo cinese Wang Yi a Pechino.
L’obiettivo di Svizzera e Cina è “convincere gli Stati Uniti a tornare a una discussione multilaterale”, ma sempre “nel rispetto reciproco”, ha precisato il consigliere federale durante una conferenza stampa.
Alla domanda se sia stato discusso con la Cina un canale alternativo per evitare le alte tariffe doganali introdotte dall’amministrazione Trump, Cassis ha risposto che non è mai stato un argomento sul tavolo.
Il consigliere federale è stato attento a non schierarsi. Gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Cina sono i tre partner più importanti della Svizzera, ha affermato, aggiungendo che “non possiamo lasciarne da parte uno”.
La Svizzera è obbligata ad avere relazioni commerciali molto ampie, ha proseguito il ticinese. A suo avviso, quello che sta succedendo al momento è “un incidente” e una soluzione “verrà trovata”.

Dopo un incontro a Washington con il segretario al Tesoro americano Scott Bessent, la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter ha affermato che la Svizzera figura tra i 15 Paesi con cui gli USA intendono trovare rapidamente una soluzione alla questione dei dazi doganali.
La responsabile del Dipartimento federale delle finanze è negli Stati Uniti con il ministro dell’economia Guy Parmelin e rappresentanti della Banca nazionale svizzera (BNS) in occasione dell’assemblea di primavera del Fondo monetario internazionale (FMI) e della Banca mondiale.
Durante il colloquio con Bessent, è stata discussa la redazione di una dichiarazione d’intenti comune, che potrebbe presto sfociare in un mandato negoziale a tutti gli effetti. “L’economia può anche adattarsi a cattive soluzioni o a leggi imperfette, ma ciò con cui non può convivere è l’incertezza”, ha sottolineato Keller-Sutter che, ai microfoni della SRF, ha indicato che a essere in gioco sono l’occupazione e il benessere economico della Svizzera.
Di recente, diversi articoli hanno messo in luce un aspetto non indifferente dell’interdipendenza dell’economia elvetica e americana. Gli investitori svizzeri detengono circa 300 miliardi di dollari di debito statunitense. Si tratta in particolare di compagnie assicurative, banche, fondi pensione e la stessa BNS. “In altre parole, quasi tutti in Svizzera aiutano a finanziare il Governo americano”, scrive SRF. Alcuni economisti ritengono che questo potrebbe rappresentare uno strumento utile nei negoziati tra Berna e Washington.

I partiti non hanno attinto a piene mani dal proprio portafoglio per finanziare la campagna in vista della votazione dello scorso 9 febbraio. Il Controllo federale delle finanze ha reso noto oggi che in totale sono stati spesi circa 700’000 franchi, molto meno rispetto a precedenti scrutini.
Il tema in votazione era solo uno: l’iniziativa sulla responsabilità ambientale, lanciata dalla sezione giovanile dei Verdi, poi respinta dal 69,8% del popolo. Il campo contrario ha speso di più di quello a favore del testo.
Il Partito liberale radicale (PLR destra) ha sborsato 420’000 franchi, con fondi provenienti principalmente dall’organizzazione mantello dell’economia elvetica economiesuisse (che ha iniettato 290’000 franchi).
Sostenitrici e sostenitori hanno invece potuto contare su 187’000 franchi dei Giovani Verdi, in parte donati dai Verdi (30’000). Greenpeace ha investito poco meno di 58’000 franchi.
È stata quindi di una campagna “low cost”. Basti pensare che il budget totale di partiti e gruppi di interesse stanziato durante la campagna in vista della votazione sull’ampliamento autostradale, in novembre, aveva sfiorato i 10 milioni di franchi.

Rimborsare il pane a chi soffre di celiachia. È quanto chiede la consigliera nazionale socialista Brigitte Crottaz in un’interpellanza parlamentare a cui il quotidiano 24heures dedica oggi un lungo articolo.
La celiachia, che colpisce circa l’1% della popolazione svizzera, era riconosciuta come malattia congenita dall’assicurazione invalidità fino al 2022, quando è stata rimossa dalla lista, segnando quindi la fine dei sussidi forfettari per chi soffre di questa condizione.
Ricordando che i prodotti senza glutine sono molto più costosi di quelli “normali”, Crottaz chiede al Governo di fare marcia indietro e di introdurre misure di sostegno, ad esempio un assegno mensile versato dall’assicurazione malattia obbligatoria.
“I nostri consiglieri federali dovrebbero provare a seguire una dieta senza glutine anche solo per un mese”, dice Crottaz, citata da 24heures, “comprenderebbero velocemente le difficoltà che incontrano giornalmente le persone celiache e le ripercussioni di questa condizione sulla vita sociale”.

Foto del giorno
Dopo un weekend pasquale segnato come di consueto da code chilometriche sulle autostrade elvetiche, cominciano a riaprire i primi valichi alpini, come quello dell’Oberalp (tra i cantoni Grigioni e Uri), su cui è di nuovo possibile transitare dalle 9:00 di questa mattina.

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