
Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
Le domeniche di votazione sono di solito un momento emozionante per i media. Quando il risultato è risicato, l’ambiente è elettrizzante e il lavoro giornalistico particolarmente movimentato. Ieri, però, non ci sono state né suspense, né sorprese.
Nel bollettino di oggi analizzeremo i risultati delle votazioni in modo più dettagliato.
Chiudiamo con un aggiornamento sulla nuova amministrazione degli Stati Uniti e sui potenziali dazi che potrebbero colpire la Svizzera – una questione destinata molto probabilmente a persistere.
Saluti da Berna!

Un sondaggio condotto dal gruppo Tamedia e dall’istituto Leewas ha analizzato il comportamento di voto del popolo svizzero in occasione della votazione sull’iniziativa per la responsabilità ambientale, proposta dai Giovani Verdi, respinta da quasi il 70% dell’elettorato.
Il testo ha ricevuto solo un limitato sostegno dalla fascia di età più giovane (18-34 anni), con appena il 36% di persone favorevoli. Questa percentuale scende al 27% nella fascia d’età successiva.
Anche all’interno dei Verdi non c’era pieno consenso: a votare a favore è stato il 75% dei e delle simpatizzanti del partito ecologista. Il Partito verde liberale (PVL, centro ecologista) aveva già dichiarato la sua opposizione all’iniziativa, una posizione che si è riflessa nel comportamento dell’elettorato: solo il 40% di chi sostiene il PVL ha appoggiato la proposta.
Gli uomini sono stati significativamente più contrari delle donne: il 79% ha votato “no” rispetto al 61% delle donne. Nelle città svizzere, il 37% ha sostenuto l’iniziativa, mentre nelle zone rurali il sostegno è sceso al 26%.
Solo 11 Comuni del Paese (su oltre 2’100) hanno votato a favore dell’iniziativa, tutti situati nella Svizzera occidentale.
Il reddito personale ha influenzato poco il voto. La differenza tra le persone con reddito basso (meno di 4’000 franchi al mese) e reddito alto (13’001-16’000 franchi al mese) è minima: 34% di “sì” per le prime, 32% per le seconde. Chi ha una laurea o un diploma costituisce il gruppo demografico più a favore (42% di “sì”).
Vale la pena notare che il budget della campagna è stato significativamente inferiore al solito: 680’000 franchi, ovvero un decimo di quanto è stato speso per il voto sui progetti autostradali a novembre.
- Leggi l’analisi completaCollegamento esterno sul Tages-Anzeiger
- Intervista di SWI swissinfo.ch alla politologa Cloé Jans

La città di Berna ha comunicato di aver riscontrato delle discrepanze nei risultati delle votazioni di ieri che hanno riguardato sia l’iniziativa federale che i temi cantonali.
Domenica sera sono stati forniti risultati rivisti, con correzioni che mostrano una percentuale di voti leggermente più alta a favore sia dell’iniziativa sulla responsabilità ambientale sia dell’iniziativa solare cantonale, hanno dichiarato le autorità cittadine di Berna.
I dati rivisti indicano anche un’affluenza alle urne superiore a quella inizialmente riportata. Gli errori, pari a circa 5’000 schede elettorali, sono stati attribuiti a “un errore procedurale interno”.
- Il comunicato stampaCollegamento esterno della città di Berna

Con il progredire della globalizzazione, le tariffe doganali erano ormai considerate da molte persone una reliquia del passato – fino a quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non ne ha rilanciato l’importanza geopolitica, scrive la NZZ am Sonntag, che analizza rischi e soluzioni per le aziende elvetiche.
La Svizzera è tra i Paesi accusati dall’amministrazione Trump di vivere a spese degli Stati Uniti approfittando delle eccedenze commerciali. Per la Svizzera, questo surplus ammonta a oltre 38 miliardi di franchi (41,75 miliardi di dollari).
Per quanto assurda sia l’accusa, il pericolo di un attacco è reale. “Bisogna presumere che la Svizzera finirà sotto il radar degli Stati Uniti”, afferma Simeon Probst, responsabile della consulenza doganale e del commercio internazionale di PwC Svizzera. Lo scenario peggiore sarebbe quello di tariffe punitive del 10-20% sulle esportazioni verso gli USA.
Un problema per le aziende elvetiche è la scarsa conoscenza della catena di approvvigionamento: “L’80% di esse non conosce l’importo esatto dei dazi doganali che paga in tutto il mondo”, dice Probst. Questo rende impossibile per le aziende “prendere decisioni strategiche fondate”. Solo quando le aziende sanno quanto Cina, Messico e Canada (principali bersagli degli aumenti tariffari di Trump) sono presenti nella loro catena di approvvigionamento hanno chiarezza sui costi aggiuntivi.
Tra le possibili strategie per le imprese svizzere la NZZ am Sonntag cita in primo luogo una diversificazione della catena di approvvigionamento. Invece di acquistare dalla Cina, le aziende possono guardare ad altri Paesi, come la Thailandia e il Vietnam.
Una seconda possibile strategia consiste nel trasferire gli impianti di produzione negli Stati Uniti. Questo è il risultato auspicato da Trump e alcune aziende svizzere lo stanno già considerando per evitare tariffe punitive.
- L’articolo completoCollegamento esterno della NZZ am Sonntag

Foto del giorno
La “guggen” Schraenz-Gritte prova il suo medley durante un evento pre-carnevale, il Glaibasler Charivari, al Volkshaus di Basilea, venerdì. Le guggen basilesi sono bande carnevalesche con uno stile musicale altamente ritmico scandito da strumenti a fiato, pifferi e tamburi.
Tradotto con l’aiuto di Deepl/Zz

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