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Spariti 10’000 impieghi in Ticino ma aumentano i frontalieri

Lavoratori impiegati nel settore delle costruzioni.
Keystone / Peter Klaunzer

La crisi indotta dall'emergenza sanitaria non ha rallentato l'incremento di frontalieri sul mercato del lavoro del canton Ticino.

Nell’ultimo trimestre del 2020 il loro numero ha superato la soglia di 70’000 unità (70’115 per la precisione): rispetto allo stesso periodo dello scorso anno l’aumento è dello 0,8% (+0,3% nel confronto con il trimestre precedente), ha indicato l’Ufficio cantonale di statistica (Ustat).

La ricerca “Panorama statistico nel mercato del lavoro ticineseCollegamento esterno” mette in risalto anche il crollo di impieghi nel cantone italofono. Se la crisi ha colpito l’intero paese (-23’000), in Ticino si è registrata la contrazione più marcata, pari al 4,4%, con 10’000 posti di lavoro spariti nell’anno del Covid-19.

A sud delle Alpi il tasso di disoccupazione è salito a fine gennaio al 4,1% (+0,6% in dodici mesi), secondo quanto ha comunicato la Segreteria di Stato dell’economia (6,8% a fine 2020 in base ai criteri adottati a livello internazionale ILO).

Non ne hanno risentito i lavoratori pendolari provenienti da oltre confine, in costante crescita dal 2009, soprattutto nel terziario (commercio, professioni scientifico-tecniche, amministrazione). In totale i lavoratori stranieri in Ticino hanno superato la quota degli occupati svizzeri, scesi al 47,9%.

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