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Mascherine, dipendiamo sempre dalla Cina

Una mascherina ffp2
Ci sono diverse fabbriche di mascherine ffp2 in Svizzera ma la stragrande maggioranza di esse ancora oggi arriva dalla Cina. © Keystone / Christian Beutler

La Svizzera voleva essere indipendente in materia di produzione di mascherine protettive, ma a due anni dallo scoppio della crisi del coronavirus la stragrande maggioranza di quelle vendute nei negozi continua a provenire dall'estero. 

All’inizio della pandemia era subito emerso chiaramente quanto il Paese dipendesse dalle importazioni di mascherine: vi furono restrizioni da parte dell’UE e i prezzi delle mascherine cinesi salirono alle stelle. Erano i tempi in cui l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) sosteneva peraltro che le mascherine non fornivano una protezione efficace alla popolazione.

Vista la situazione non mancarono quindi gli appelli per un impianto nazionale di produzione. Già nel marzo 2020 la consigliera di Stato zurighese Natalie Rickli aveva annunciato che il suo cantone e il governo federale avevano acquistato due macchine per la fabbricazione di mascherine. Gli impianti sono stati affidati all’azienda Flawa di Flawil (SG), che nel giugno dello stesso anno ha cominciato la produzione.

Ormai quasi nel terzo anno della pandemia, tuttavia, è chiaro che ancora oggi la grandissima maggioranza delle maschere protettive proviene dalla Cina e il futuro della produzione svizzera è incerto. Oggi Flawa produce 75’000 FFP2 al giorno: la domanda è cresciuta per via della variante Omicron, ma la progressione attuale non può nascondere il fatto che la produzione è redditizia solo in misura limitata. L’anno scorso le macchine dell’impresa sangallese sono state utilizzate in media solo al 25-30% della capacità. “Avremmo potuto produrre molto di più, ma la domanda non c’era”, afferma il Ceo Claude Rieser in dichiarazioni riportate dal quotidiano zurighese.

Prezzo altalenante

Nel negozio online di Flawa una FFP2 costa 1,40 franchi, presso Coop è acquistabile a 80 centesimi. Il prezzo medio di importazione di una corrispondente mascherina era di più di 60 centesimi nel 2020, mentre nel 2021 si è quasi dimezzato, pur rimanendo superiore a quello di quasi 20 centesimi del 2019.

Questo spiega perché i grandi distributori si approvvigionano all’estero. Lidl e Aldi esclusivamente in Cina, Coop per la gran parte, Migros pure quasi interamente: solo le protezioni per i bambini sono di fabbricazione elvetica. Unicamente il ramo sanitario rimane un fedele cliente della produzione svizzera.

Secondo gli operatori del settore quindi servirebbe una garanzia da parte dello Stato, con acquisti obbligatori da parte di Confederazione e cantoni. All’orizzonte non si vede però nulla del genere. I produttori cercano quindi di specializzarsi in articoli di nicchia, per esempio in mascherine trasparenti che permettono a chi ha problemi di udito di leggere i movimenti delle labbra.

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