Le giovani donne con formazione terziaria più numerose degli uomini
Nella fascia d'età dai 25 ai 34 anni, le donne con un titolo di studio di livello terziario sono ormai più numerose degli uomini.
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tvsvizzera.it/mar/Keystone-ATS
Le giovani donne con una formazione di grado terziario sono più numerose degli uomini, riducono il tempo di lavoro e vi rinunciano se hanno figli e sono meno ad avere competenze digitali avanzate rispetto agli uomini, stando alla nuova pubblicazione dell’Ufficio federale di statistica (UST) sullo stato attuale dell’uguaglianza tra donna e uomoCollegamento esterno.
Dal 2000 il livello di formazione è aumentato in generale e quello delle donne di più rispetto agli uomini. Nella fascia di età dai 25 ai 34 anni ormai sono percentualmente più numerose le donne con un titolo di livello terziario (53%) rispetto agli uomini (50%).
Forti differenze tra i settori
Le giovani donne sono però nettamente sottorappresentate nelle formazioni professionali e nei campi di studio in ambito tecnico, mentre i coetanei lo sono in ambito di sanità e assistenza sociale. Nel 2020, ad esempio, solo il 15% di chi svolgeva un apprendistato nel campo “Cura di ammalati e ostetricia” era di sesso maschile, mentre nel settore “Elettricità ed energia” le donne erano appena il 3%.
La stragrande maggioranza delle donne e degli uomini utilizza Internet ogni giorno (rispettivamente il 90 e il 93%), ma le prime sono meno numerose a disporre di competenze digitali avanzate: solo il 40% è in grado di modificare le impostazioni di un software, di un’applicazione o di un dispositivo, contro il 51% degli uomini.
Per quanto riguarda la ripartizione dei compiti nelle coppie con figli si nota una discrepanza tra ideale e realtà, afferma l’UST. I genitori con bambini sotto i 13 anni che hanno tassi di occupazione simili sono una minoranza: nel 14% dei casi entrambi lavorano a tempo pieno e nel 9% a tempo parziale. Il modello con entrambi i genitori che lavorano a tempo parziale è ritenuto ideale per chi ha figli di età inferiore ai 4 anni, ma nella realtà solo nel 13% si ripartisce il lavoro in questo modo.
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