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Il voto alle donne

Illustrazione di Corrado Mordasini

Nella concessione dei diritti politici alle donne, la Svizzera fu tra le ultime della classe in Europa. Se già a livello federale il suffragio femminile risale al 1971 (precedendo soltanto il Portogallo, 1976, e il Liechtenstein, 1984) a livello cantonale ci è voluto il 1990 prima che le donne fossero elettrici ed eleggibili proprio ovunque.

Una battaglia lunga trent’anni

Le prime svizzere entrarono alle urne tra il 1959 e il 1960 nei cantoni francofoni di Vaud, Ginevra e Neuchâtel. Per quanto si fosse già in ritardo sulla quasi totalità dei paesi europei, nei dieci anni successivi soltanto altri tre cantoni seguirono l’esempio: Basilea Città (1966), Basilea Campagna (1968) e Ticino (1969).

La vera svolta risale agli anni 1970 e 1971, quando i diritti politici furono concessi alle donne in altri 17 cantoni e, soprattutto, a livello federale. Le svizzere, da questo momento in poi, possono votare su iniziative popolari e referendum nonché scegliere i loro rappresentanti o essere elette sia alle Camere federali (Consiglio nazionale e Consiglio degli Stati), sia ai governi e parlamenti cantonali (Consiglio di Stato e Gran Consiglio).

Tranne…

Sopravvive, tuttavia, un piccolo paradosso nella Svizzera orientale: alle cittadine di Appenzello Interno e Appenzello Esterno, che a livello federale sono ormai elettrici ed eleggibili come tutte le altre, è negato il diritto di partecipare a elezioni e votazioni “a casa loro”.

Sarà così per quasi vent’anni. I cittadini di Appenzello Esterno approveranno il suffragio femminile nell’aprile del 1989, mentre in Appenzello Interno le donne cominceranno a votare nel novembre del 1990 per ingiunzione del Tribunale federale, la corte suprema del Paese.

Perché?

Le principali ragioni per il grande ritardo, osserva la Commissione federale per le questioni femminili, “sono da ricercarsi nel sistema politico elvetico”, che concede ampia autonomia a cantoni e comuni e dove buona parte delle decisioni passa al vaglio del popolo.

Non è detto, tuttavia, che si sarebbe raggiunta la parità politica in tempi più brevi, se la decisione fosse spettata al solo Parlamento.

Dopotutto, anziché modificare le Costituzioni (federale e cantonali) si sarebbe potuto scegliere di intendere la parola “svizzeri” come l’insieme delle cittadine e dei cittadini, e non riferito ai soli uomini.

“Ma tutti gli atti parlamentari presentati in tal senso fallirono di fronte alla resistenza della autorità politiche e del Tribunale federale”, il quale solo nel 1990 diede una nuova interpretazione alla Costituzione di Appenzello Interno, costringendo il cantone all’introduzione immediata del diritto di voto ed eleggibilità.

Fonti: Ufficio federale per le questione femminiliCollegamento esterno, Dizionario storico della SvizzeraCollegamento esterno

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