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La libera circolazione “alla lunga, nuoce”

Copie di opuscoli (in tre lingue) con immagini e slogan a favore dell Iniziativa per la limitazione
Lo slogan della campagna a favore dell'iniziativa. Keystone / Anthony Anex

La libera circolazione delle persone con l'Unione Europea è un "inganno": in questi termini l'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI) ha lanciato giovedì la campagna in favore dell'iniziativa popolare 'Per un'immigrazione moderata (Iniziativa per la limitazione)', promossa insieme all'Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) e che sarà sottoposta a votazione popolare il prossimo 17 maggio.

Il risultato della votazione sarà decisivo per il futuro dei giovani in Svizzera, ha evidenziato di fronte alla stampa Marco Chiesa, consigliere agli Stati (deputato alla camera alta del parlamento elvetico) UDC e vicepresidente dell’ASNICollegamento esterno.

In Svizzera “stiamo stretti”, recita il principale slogan della campagna. L’Accordo sulla libera circolazioneCollegamento esterno delle persone ha “fatto molto male”, provocando “un’immigrazione netta che in tredici anni ha raggiunto il milione di persone” e mettendo in difficoltà “le nostre infrastrutture”, ha aggiunto il politico ticinese.

Chiesa ha denunciato in particolare la situazione del mercato del lavoro a sud delle Alpi, definita insostenibile.

Marco Chiesa e Raide Bassi (identificabili da un cartello) seduti a un tavolo di conferenza stampa
Keystone / Anthony Anex

Una tesi argomentata con alcuni dati riferiti dalla consigliera comunale UDC di Lugano Raide Bassi: nel 2017, nel canton Ticino, vi erano più lavoratori stranieri degli svizzeri. Inoltre, la popolazione ticinese era confrontata con un rischio di povertà due volte più elevato (30,4%) rispetto alla media elvetica e il 38% dei giovani non ha trovato un posto di lavoro subito dopo aver ottenuto un diploma.

Secondo Chiesa, non si può continuare a considerare il Ticino un caso particolare: fa parte della Svizzera e come gli altri cantoni deve poter offrire una prospettiva alla sua gioventù.

L’iniziativaCollegamento esterno chiede che la Svizzera disciplini autonomamente l’immigrazione. Ciò significa che non potranno essere conclusi accordi (o assunti obblighi) internazionali che concedano una libera circolazione delle persone a cittadini stranieri. In primis, però, dovrà essere negoziata un’uscita dall’Accordo del 21 giugno 1999 tra Svizzera e UE, oppure, nel caso le trattative non si concludano entro un anno, disdirlo. Quest’ultima ipotesi farebbe cadere l’insieme degli Accordi bilaterali con l’Unione [cfr. clausola ghigliottinaCollegamento esterno].

Come il doping

Perché un “inganno”? Perché aumenta le prestazioni con effetti secondari catastrofici, ha spiegato dal canto suo il coordinatore dell’ASNI per la Svizzera francese, Kevin Grangier. La libera circolazione con l’UE è insomma ciò che è il doping per il ciclismo: la Svizzera ha avuto l’impressione che le sue performance aumentassero, ma vent’anni più tardi va verso un graduale “soffocamento” dovuto a dumping salariale, cementificazione intensiva, pensioni a rischio ed esplosione dei costi della salute.

Con l’Accordo, la crescita è continuata a livello nazionale ma la ricchezza pro capite non è più aumentata, ha rilevato la studentessa Stephanie Gartenmann (Giovani ASNI), affermando che la Confederazione non è il solo Paese a voler riprendere il controllo dell’immigrazione. Gartenmann cita la Francia e il Regno Unito, dove la Brexit si sarebbe imposta in particolare a causa della libera circolazione delle persone.

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Sotto pressione

Kevin Grangier ritiene che, al contrario di quanto sostengono gli ambienti economici e il Consiglio federale (governo), se il popolo svizzero approverà l’iniziativa il prossimo 17 maggio, la pressione sarà sulle spalle della Commissione europea, dacché l’esecutivo comunitario e le imprese dell’UE vorranno continuare a lavorare con la Confederazione.

Marco Chiesa, dal canto suo, rileva un divario tra il quadro attuale tracciato dal Consiglio federale e i problemi conosciuti dai cittadini nella loro quotidianità. D’altronde lo stesso governo ha riconosciuto, secondo il politico UDC, che l’immigrazione rischia di cacciare la manodopera più anziana dal mercato del lavoro, proponendo una rendita ponte per i disoccupati di oltre 60 anni che hanno esaurito le loro indennità.

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