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In Svizzera impazzano le pseudo-università telematiche

Molti di questi istituti, dal Ticino, si sono trasferiti altrove, soprattutto a Zugo e Ginevra, dove la legge rimane più permissiva. (foto d'archivio)
Molti di questi istituti, dal Ticino, si sono trasferiti altrove, soprattutto nei Cantoni Zugo e Ginevra, dove la legge è più permissiva. (Foto d'archivio) © Keystone

Pochi (o zero) esami e, in nome di una (a volte fantomatica) esperienza lavorativa, si possono ottenere diplomi in quasi tutte le discipline. Gli studenti non sono sempre consapevoli dell'"inganno" e i cantoni, in alcuni casi, cercano di introdurre regole un po' più rigide. Regole che i pseudo-istituti sono finora riusciti ad aggirare.

Avete già sentito nominare l’università di Novazzano? Sapevate che in Piazza Grande a Locarno, dentro il palazzo della Posta, qualche anno fa si insegnava medicina, chirurgia e fisioterapia? Sapevate che Chiasso, tra non molto, potrebbe avere una sua università, con ben quattro facoltà e una cinquantina di docenti? Avete mai sentito parlare delle sette università di Zugo?

Se la vostra risposta è negativa, sappiate che da questi atenei svizzeri escono ogni anno migliaia di laureati e ottengono diplomi praticamente in ogni materia: dalla giurisprudenza alla medicina, dalle scienze politiche all’economia, dall’astronomia alla fisioterapia. Il tutto a norma di legge. 

La puntata di Patti Chiari che approfondisce il fenomeno:

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Regole precise per chiamarsi “università”…

In Svizzera ognuno può infatti mettere in piedi un istituto di formazione e conferire qualsiasi tipo di diploma. Esiste però qualche paletto. Solo chi è ufficialmente accreditato – ovvero ha ottenuto una sorta di marchio di qualità da parte della Confederazione – può denominarsi università, scuola universitaria professionale o alta scuola pedagogica. 

… ma non per “ateneo”, “campus” o “accademia”

Ma, se invece di rincorrere un accreditamento molto difficile da ottenere, si cambia il proprio nome in ateneo, accademia, o campus, tutti termini non protetti a livello federale per mettersi in regola. Per quanto riguarda i titoli conferiti invece, nessuna regola: chiunque può in sostanza emettere attestati che si chiamino laurea, bachelor, master o dottorato.

Alcuni Cantoni, che nel recente passato hanno visto sul proprio territorio moltiplicarsi proposte formative di dubbia qualità, sono corsi ai ripari: su tutti il Ticino che ha deciso di ampliare il catalogo dei termini protetti, sia per quanto riguarda la denominazione degli istituti che per i titoli conferiti. 

Trasferimenti transcantonali

A seguito di questa decisione, molte di queste pseudo-università, dal Ticino si sono così trasferite altrove, soprattutto a Zugo e Ginevra, dove la legge rimane più permissiva.

A Zugo ha sede per esempio l’Istituto superiore di finanza e organizzazione aziendale, o ISFOA, l’ateneo Alessandro Volta, la SUPDI, o ancora la fachhochschule Nikola Tesla.

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C’è anche chi, in barba alla legge, continua a definirsi senza mezzi termini un’università, mantenendo il prefisso “uni” nel nome, come la Unitelematica Leonardo Da Vinci o la Unisu-Campus. A Zugo, però, in realtà non si trovano né aule, né uffici, ma solo delle bucalettere. 

“Validare l’esperienza”

Ma come funzionano queste pseudo-università? Sfruttano una procedura nata in Francia chiamata VAE, “validation des acquis d’expérience” (tradotto: validazione dell’esperienza acquisita), che permette di tramutare l’esperienza professionale in crediti formativi.

Se una determinata competenza è stata acquisita lavorando e non studiando sui libri, poco importa: allo studente potranno comunque essere abbonati corsi ed esami che riguardano quella materia. 

Differenze tra Svizzera e Italia

Il problema è che, a differenza dell’Italia che alla VAE ha posto limiti stringenti, in Svizzera non esistono norme in materia, ogni istituto può insomma fare quello che gli pare. Inutile dire che le pseudo-università di Zugo applicano la VAE in maniera estremamente generosa e che i corsi e gli esami richiesti agli studenti, quasi tutti provenienti dall’Italia, possono essere catalogati nella categoria delle formalità. La VAE in Svizzera, consente in sostanza di abbreviare e facilitare, e di molto, i percorsi di studio.

Il programma di inchiesta della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, Patti Chiari, lo ha verificato inviando alle pseudo-università di Zugo dei curriculum vitae inventati: nessuno di questi ha verificato l’autenticità dei curriculum vitae e ha proposto ai finti candidati percorsi formativi estremamente semplificati.

Esempi di requisiti per un redattore, un cuoco o una organizzatrice di eventi

ISFOA ha chiesto ad un redattore del teletext cinque esami e la tesi per una laurea in scienze politiche, la unitelematica Da Vinci sette esami e la tesi per una laurea in scienze turistiche ad un cuoco e la SUPDI sei esami e la tesi per una laurea in scienze aziendali ad una organizzatrice di matrimoni.

La Unisu-campus si è mostrata ancor più spudorata: ad un venditore ha proposto una laurea in economia aziendale senza dover seguire corsi né sostenere esami. Nel pacchetto è stata inclusa addirittura la tesi, scritta dall’istituto a nome dello studente.

ISFOA assicura a Patti Chiari che la loro proposta formativa è di “elevatissimo livello qualitativo” e che le normative vigenti vengono rispettate in maniera rigorosa. Anche il direttore di SUPDI difende il proprio operato: “Noi siamo più vicini ad un ente certificatore che a un ente formatore”.

Un diploma dal valore limitato

Ma che valore hanno questi diplomi? Non essendo questi istituti accreditati in Svizzera e non essendo presenti sull’elenco di quelli contemplati dall’accordo bilaterale tra Svizzera e Italia sul reciproco riconoscimento dei titoli, i diplomi presentano qualche problema.

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Insomma, il loro valore è decisamente limitato, possono essere spesi a titolo privato e solo per professioni non regolamentate (come economia, scienze politiche o marketing).

Sta insomma al datore di lavoro giudicarli, ben sapendo che il loro appeal è legato a doppio filo alla credibilità e alla serietà dell’istituto che li ha rilasciati ed al percorso di studi effettuato. 

Le esperienze di ex studenti

Per molti ex studenti, ottenuta la laurea, è infatti arrivata una doccia fredda. Gennaro Ferrentino, laureatosi in scienze economiche con la Univolta di Zugo, si è per esempio accorto che nessun’altra università riconosce il suo diploma per proseguire gli studi.

Eppure, era stato dirottato verso la Univolta da Cepu, il colosso italiano dell’istruzione privata e della preparazione agli studi. Il direttore dell’istituto zughese assicura dal canto suo che i titoli rilasciati sono “riconoscibili, ovvero hanno i requisiti per essere riconosciuti”. Nella realtà però, quasi mai lo sono. 

Un altro ex studente toscano laureatosi in scienze della nutrizione con la Unitelematica Leonardo Da Vinci è addirittura finito sotto inchiesta per abuso della professione di nutrizionista, non essendo ritenuto in possesso di un diploma valido. Tra gli indagati è ora finito anche il rettore dell’ateneo zughese.

A volte, diplomi di nessun valore

Centinaia di studenti dell’Istituto Jean Monnet con sede legale a Lugano e un trascorso a Locarno, si sono accorti un mesetto fa che i diplomi rilasciati dall’istituto sono, né più né meno, carta straccia. La Jean Monnet conferiva lauree addirittura in medicina e chirurgia, prima che venisse bloccata dal ministero italiano dell’università e della ricerca. 

Eppure, nulla sembra in grado di fermare il business svizzero delle lauree facili. Già bacchettata dal Dipartimento cantonale dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) due anni fa, per abuso di termini protetti, a Chiasso sta rinascendo la “Libera Università di Studi Svizzera”, che come allora, già nel nome è spudoratamente fuorilegge.

All’origine del progetto un imprenditore pugliese che prima di riaffacciarsi in Svizzera è stato condannato nel suo Paese… perché conferiva diplomi falsi. 

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