Stando a uno studio, oltre alla precarizzazione, il mondo del giornalismo in Svizzera vede anche una carente diversificazione degli addetti e delle addette ai lavori.
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Keystone-ATS
Il giornalismo svizzero si sta precarizzando. È la conclusione di un sondaggio realizzato dall’Università di scienze applicate di Zurigo (ZHAW), il quale evidenzia pure una carente diversificazione delle e degli addetti ai lavori.
Lo studio pubblicato oggi si basa su interviste a 1179 professionisti dei media delle tre regioni linguistiche. Prima constatazione: il tipico giornalista svizzero è maschio, ha 43 anni, è nato in Svizzera, non è religioso, è politicamente di centrosinistra ed ha un titolo accademico.
Ticinesi più di destra
I romandi si considerano inoltre più di sinistra rispetto agli svizzero tedeschi, mentre i ticinesi più di destra. Gli autori mettono tuttavia in guardia dall’ipotizzare che gli orientamenti politici influenzino l’informazione. Ciò richiederebbe infatti un’analisi più approfondita dei contenuti.
Gli autori osservano inoltre una “tendenza alla precarizzazione”. I contratti a tempo determinato sono aumentati, passando dal 6% del 2015 al 23% dell’anno in corso. In aumento anche gli impieghi a tempo parziale. Il 40% dei giornalisti guadagna poi meno di 5601 franchi al mese, rispetto a un salario mediano per tutta la popolazione di 6788 franchi.
Più pressione, meno libertà
Cresce pure la pressione a livello di tempistica e spesso gli operatori del settore sono obbligati a lavorare su più canali, come l’online e la carta stampata. Secondo lo studio, la libertà redazionale è percepita come in calo.
In generale i giornalisti considerano le condizioni di lavoro peggiorate. Il 39% è preoccupato per la propria psiche, il 76% degli intervistati ha subito commenti umilianti o pieni di odio e il 67% dice di sentirsi pubblicamente discreditato per il proprio lavoro. Circa la metà del campione ha dichiarato inoltre di essersi sentita spesso o molto spesso stressata negli ultimi dodici mesi.
Informare e ordinare
Interpellati sui compiti del giornalista, l’85% degli intervistati ha sottolineato l’importanza di dare informazioni e permettere ai lettori di formarsi un’opinione. Il 79% ritiene di dover riportare ciò che accade in modo imparziale e il 78% di comunicare e ordinare i fatti in basi alla loro rilevanza in modo da contrastare la disinformazione. All’altro estremo della scala delle priorità si colloca il sostegno incondizionato alla politica del governo, con poco più dell’1%.
Il sondaggio, giunto alla sua terza edizione, è stato realizzato nell’ambito del progetto internazionale “Worlds of Journalism”, nel quale sono coinvolti più di 80 Paesi.
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