Il divario tra i salari in Svizzera è sempre più marcato
Gli alti compensi sono in costante crescita, ma non quelli medio-bassi: questa la conclusione di fondo dello studio dell'Unione sindacale svizzera sulla ripartizione dei salari.
In occasione della pubblicazione del suo rapporto sulla ripartizione dei salari, della ricchezza e degli oneri fiscali, l’Unione sindacale svizzera (USS) ha denunciato una politica dei redditi che “va chiaramente nella direzione sbagliata”. C’è un disequilibrio di fondo: mentre gli stipendi più alti continuano a crescere, quelli medio-bassi ne risentono, critica la centrale sindacale.
Una volta pagate le tasse e l’affitto, le persone con un salario medio o basso hanno a disposizione meno soldi oggi rispetto al 2016, sottolinea l’USS. Nello stesso tempo le persone più ricche vedono migliorare la loro situazione: gli stipendi più elevati sono fortemente progrediti e i Cantoni riducono le imposte sui redditi e i patrimoni delle classi più agiate.
Nel 2023 gli stipendi sono calati ancora dello 0,4% al netto dell’inflazione, ha ricordato l’associazione, “e questo sebbene l’andamento economico sia stato eccellente e molte aziende abbiano registrato profitti record”. Cifre che sono emerse dall’ultimo studio condotto dall’Ufficio federale di statistica (UST), che hanno mostrato che l’incremento dei compensi dell’1,7% non è bastato a coprire l’inflazione, che dal canto suo è salita del 2,1%.
Una nuova perdita di potere d’acquisto che ha portato i salari reali a un livello più basso di quello del 2015. Situazione della quale, secondo l’USS, sono responsabili i datori di lavoro, accusati di aver trattenuto i meritati aumenti di stipendio che sarebbero dovuti andare al personale.
Tre misure da adottare
Per quanto riguarda le misure da adottare, l’USS chiede un aumento sostanziale dei redditi medio-bassi, che considera un passo economicamente sostenibile, e vuole fissare un tetto ai premi delle casse malattia, limitandoli al 10% del reddito disponibile, come chiede l’iniziativa popolare del Partito socialista che sarà sottoposta a votazione il prossimo 9 giugno. Si oppone inoltre alla prevista riduzione delle imposte sul reddito e sul patrimonio, che “migliorerebbe ulteriormente la situazione di persone che non ne hanno bisogno”.
Una situazione mai vista
Quello del 2023 è il terzo calo consecutivo di potere d’acquisto: non era mai successo dall’inizio delle statistiche dopo la Seconda guerra mondiale. La contrazione più forte è stata registrata nel settore postale (-3,7%), “dove il Consiglio federale avrebbe dovuto regolare le retribuzioni”, scrive l’USS.
Se in passato le buste paga sono cresciute più o meno in linea con la produttività – l’indice dei salari è aumentato dello 0,9% all’anno tra il 2005 e il 2015 – in seguito così non è stato, anche se i lavoratori e le lavoratrici hanno contribuito in modo significativo alla crescita dell’economia. “Oggi gli stipendi dovrebbero essere più alti di circa il 7% in termini reali rispetto al 2015”, denuncia l’organismo sindacale.
Secondo i dati resi pubblici negli scorsi giorni dall’UST, il settore più colpito è stato quello terziario (-0,5%), che per il terzo anno di fila ha visto il suo potere d’acquisto calare (-1,8% nel 2022 e -0,7% nel 2021), mentre il secondario è rimasto stabile. Le donne hanno visto il loro potere d’acquisto calare dello 0,3%, gli uomini dello 0,4%.
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