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Identità digitale dei cittadini rilasciata dai privati

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Questo contenuto è stato pubblicato il 05 giugno 2019
tvsvizzera/ats/spal con RSI (TG del 5.6.2019)

È giusto che l'identità digitale dei cittadini venga sviluppata da aziende private e non dallo Stato? Dopo governo federale e Camera bassa anche il Consiglio degli Stati si è pronunciato martedì, con 33 voti contro 4, a favore della legge federale sui servizi di identificazione elettronica (LSIE) che prevede questa ipotesi.

In particolare la nuova normativa consente a chi ne fa richiesta di potersi identificare online (eID), navigare e effettuare operazioni in rete con un profilo (account) creato presso fornitori di servizi privati (identity provider) i quali, secondo le parole della consigliera federale Karin Keller-Sutter, "sono più vicini agli utenti e alle tecnologie necessarie per garantire questa offerta".

Ma c'è chi teme una pericolosa sovrapposizione di interessi, pubblici e privati, che possono gravitare sullo stesso account e potenziali violazioni della sfera privata dei cittadini-utenti. In proposito la Confederazione, è stato precisato, verificherà e confermerà le generalità di una persona e, dopo aver ricevuto il consenso esplicito dell'interessato, trasmetterà le informazioni (nome, sesso e data di nascita) del cliente all'identity provider. Compito di quest'ultimo sarà quello di sviluppare i supporti tecnologici necessari, come ad esempio telefoni intelligenti e carte bancarie.

In un recente sondaggio condotto da Demoscope, commissionato da diverse organizzazioni di consumatori, è emerso che l'87% della popolazione preferisce ottenere la propria identità digitale direttamente dallo Stato dal momento che non vi è sufficiente fiducia nelle società private in materia di protezione dei dati.

La palla passa ora di nuovo al Consiglio nazionale ma non è escluso, una volta che la legge avrà il via libera delle Camere, il lancio di un referendum.

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