L'intelligenza artificiale (IA) delude nell'ambito delle diagnosi mediche. Lo rivela uno studio dei due principali ospedali e dell'Università di Berna.
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Keystone-ATS
“Sia dal punto di vista della medicina, sia in termini economici, sia considerando le procedure”, i sistemi di supporto alle decisioni cliniche – conosciuti come CDDSS in inglese – che sfruttano l’IA non presentano vantaggi tangibili nella medicina d’urgenza.
È la constatazione del primario di medicina d’urgenza dell’ospedale universitario di Berna Wolf Hautz, che in qualità di primo autore ha partecipato a uno studio condotto dal nosocomio, così come dall’Inselspital e dall’Università della città federale.
La ricerca, che stando a una nota odierna dell’Inselspital rappresenta una prima mondiale nell’ambito della medicina d’urgenza, è stata pubblicata oggi sulla rivista scientifica “The Lancet Digital Health”.
L’IA non risolve il problema delle diagnosi errate
Per il dottor Hautz l’IA come la conosciamo ora non può risolvere il problema delle diagnosi errate. “Dobbiamo perseguire altri approcci per migliorare la qualità della diagnosi e, in particolare, intensificare significativamente la ricerca su questo tema, che attualmente è agli inizi”, ha infatti dichiarato, come riporta la nota.
Durante il loro studio, gli scienziati hanno analizzato le diagnosi di circa 1’200 pazienti con disturbi generici come svenimenti, dolori addominali o febbre trattati nei reparti d’urgenza dell’Inselspital di Berna, del Bürgerspital di Soletta, così come dell’ospedale di Tiefenau o di quello di Münsingen (questi ultimi due entrambi siti nel canton Berna).
I ricercatori hanno utilizzato il sistema “Isabel Pro” basato sull’IA come supporto per la diagnosi di un gruppo di pazienti. La qualità di quest’ultima è stata misurata in diversi modi: si è valutato anzitutto se i pazienti hanno richiesto un’assistenza medica non pianificata entro due settimane dalla visita in ospedale, se la diagnosi è stata modificata in un secondo momento, se è stato necessario un ricovero imprevisto in terapia intensiva o, ancora, se si sono verificati dei decessi.
Sia tra le e i pazienti per cui si è ricorso all’ausilio dell’IA sia tra gli altri, nel 18% dei casi si è verificato almeno uno dei problemi summenzionati. Non ci sono state inoltre differenze tra i due gruppi in termini di eventi avversi gravi e di consumo di risorse, misurato in franchi.
“Deludente”
L’opinione del dottor Hautz, così come la conclusione della ricerca, non è tuttavia condivisa da tutti gli esperti del settore. “È deludente leggere i risultati di uno studio negativo in un settore che abbiamo studiato intensamente per 20 anni”, hanno ad esempio scritto Olga Kostopoulou e Bendan Delaney, due accademici britannici che non hanno partecipato alla ricerca bernese, in un commento a quest’ultima apparso anch’esso nella rivista scientifica di cui sopra.
Per Kostopoulou e Delaney un singolo risultato negativo di una sperimentazione clinica non significa necessariamente che i sistemi basati sull’IA siano inefficaci per la diagnostica medica, in quanto sarebbero diversi i fattori che potrebbero aver influenzato l’efficacia del CDDSS usato. Ad esempio, esso potrebbe essere stato utilizzato troppo tardi nel processo diagnostico e, oltre a ciò, in gioco potrebbero anche esserci stati fattori psicologici: secondo quanto dichiarato nel commento, i medici tendono a difendere le loro diagnosi iniziali e potrebbero quindi aver ignorato i suggerimenti del sistema basato sull’IA qualora questi contraddicessero le loro valutazioni.
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