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Ermotti: “Due grandi banche erano troppe in Svizzera”

Secondo il CEO di UBS Sergio Ermotti si è insistito per troppo tempo a volere due grandi istituti in Svizzera. Inoltre, le dimensioni del "nuovo" istituto nato dalla fusione con Credit Suisse non saranno un problema ma un vantaggio. Intervista a Sergio Ermotti.

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“La reputazione della banca e della Svizzera è uscita sì, con qualche critica di troppo, ma è molto forte: siamo riusciti come sistema paese, il governo, i regolatori e UBS a gestire da soli questa crisi, senza dover chiamare attori o banche estere: questo è un fatto che dovremmo iniziare ad apprezzare in maniera un po’ più propositiva”. A quasi sei mesi dall’annuncio dell’acquisizione di Credit Suisse (CS), il direttore di UBS Sergio Ermotti valuta positivamente l’operato della banca in un’intervista rilasciata a 60minuti. Sostiene la bontà della strategia adottata per evitare una crisi finanziaria e non risparmia critiche post mortem a chi a gestito Credit Suisse.

“Abbiamo gestito da soli questa crisi, senza dover chiamare attori o banche estere: un fatto che dovremmo iniziare ad apprezzare in maniera più propositiva”.

Sergio Ermotti, CEO di UBS

“Le responsabilità maggiori (del tracollo dell’istituto bancario, ndr.) le imputo al consiglio d’amministrazione e alla dirigenza degli ultimi anni”. Ma non solo. Un ruolo, sostiene Ermotti, l’hanno avuto anche “gli azionisti, i regolatori e il mondo politico: per tanto tempo, quando le cose erano già chiare, s’insisteva a voler due grandi banche in Svizzera”.

A fare le spese della fusione, si paventava, sarebbero potuti essere fino a 10’000 dipendenti in Svizzera. Una cifra ripetuta a gran voce per molti mesi, per poi essere ridimensionata a 3’000 lo scorso 31 agosto. Una strategia comunicativa?

“Questi sono gli unici licenziamenti proattivi che la banca intende fare” spiega Ermotti ai nostri microfoni. “È chiaro che per raggiungere i nostri obiettivi di ristrutturazione dei costi dovremo anche contare sulle fluttuazioni naturali del personale, i pensionamenti, e tutta una serie di azioni che stiamo operando per facilitare il movimento” dei dipendenti all’interno delle due banche. 

All’orizzonte, dunque, non sembrano profilarsi ulteriori tagli e, per quelli previsti, Ermotti ribadisce: “Da inizio anno in Svizzera Credit Suisse ha perso più di 1’500 persone che hanno ritrovato nel mercato un posto di lavoro”. Secondo il CEO di UBS una sorte simile spetterà anche ai 3’000 dipendenti che verranno colpiti dai licenziamenti nei prossimi due-tre anni. “Chi perderà il posto di lavoro troverà sicuramente un’occupazione anche grazie a programmi di riqualificazione”. Inoltre, “non dimentichiamoci che anche strutturalmente i posti di lavoro in Svizzera sono destinati ad aumentare” soprattutto grazie ai “Baby Boomer” che sempre più si avvicinano all’età di pensionamento.

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E se dal fronte del personale l’operazione è stata per lo più accolta positivamente, alcuni sollevano ancora critiche sullo stato attuale della piazza bancaria svizzera. Da una parte si teme la perdita di concorrenza, dall’altra spaventa la dimensione di questo colosso bancario.

Per quanto riguarda la prima obiezione, Ermotti non è d’accordo: “In Svizzera sono presenti più di 250 banche e l’aggregato di UBS-CS come dimensione è inferiore all’aggregato delle banche cantonali”. Non vanno scordate inoltre le banche estere, che hanno un’importante fetta di mercato sul territorio. E per quanto riguarda la dimensione, non bisogna lasciarsi intimorire, asserisce il banchiere: anzi, la soluzione del 19 marzo scorso “dimostra che la presenza di un attore forte è un vantaggio” per il sistema.

Si vedrà. Intanto, UBS ha annunciato la scorsa settimana utili trimestrali da record: circa 25 miliardi di franchi.

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