Bimbi istruiti a casa, fenomeno in crescita
I genitori non hanno il diritto costituzionale di educare i figli esclusivamente con corsi privati a domicilio, secondo quanto ha sentenziato lunedì il Tribunale federale, respingendo il ricorso di una madre basilese.
La materia, ha ricordato la massima istanza giudiziaria elvetica, è di competenza dei cantoni, che al riguardo possono anche imporre regole severe e interdizioni.
Ma se la giurisprudenza non riconosce alcun diritto di sostituirsi alla scuola ai genitori sul piano pratico il fenomeno è tutt’altro che trascurabile in Svizzera, dove circa duemila bimbi in età scolastica vengono istruiti a casa. E negli ultimi cinque anni il loro numero è triplicato.
La vicenda era partita da una madre che nel 2017 si era rivolta alle autorità di Basilea Città, depositando una domanda di insegnamento privato a domicilio per il figlio di otto anni. La richiesta era però stata bocciata, così come il suo appello presso il Tribunale amministrativo cantonale.
Per nulla intimidita dalle decisioni delle corti basilesi la donna ha voluto portare il caso al Tribunale federale a Losanna, asserendo una presunta violazione del diritto costituzionale alla vita privata e famigliare da parte delle norme cantonali.
Ma l’alta corte non ha fatto altro che ribadire quanto già affermato nei precedenti gradi di giudizio: a Basilea Città, ha sottolineato Mon Repos, l’insegnamento a domicilio è regolato dalla Costituzione cantonale e dalla legge sull’istruzione pubblica, secondo cui la facoltà di seguire lezioni direttamente a casa può essere concessa solo se viene dimostrata l’impossibilità di recarsi in classe.
In sostanza la Costituzione federale, hanno precisato i giudici federali, non accorda alcun diritto di frequentare corsi privati a domicilio e spetta semmai ai Cantoni la libertà di prevedere tale diritto, a condizione di rispettare le disposizioni federali relative a un’istruzione di base sufficiente. Tesi questa confermata dalla stessa Corte europea dei diritti dell’uomo.
I Cantoni possono altresì introdurre norme cantonali molto restrittive in materia che non intaccano assolutamente il diritto al rispetto della vita privata e famigliare.
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