Diplomatico assassinato nel 1995 a Ginevra, il caso si riapre
A quasi 30 anni dai fatti, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha depositato l'atto d'accusa in merito all'assassinio di un diplomatico egiziano a Ginevra. L'uomo fu ucciso a colpi di pistola il 13 novembre 1995.
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Keystone-ATS
La procura ha promosso l’accusa presso il Tribunale penale federale (TPF) nei confronti di un cittadino italo-ivoriano di 54 anni e di una cittadina italo-svizzera di 49 anni, stando a quanto si è appreso venerdì.
Il MPC avviò subito un procedimento penale, che fu però sospeso nel 2009 per l’impossibilità di identificare i responsabili. Nel 2018, sulla base di nuovi elementi, la procura ha riaperto il procedimento, sfociato oggi nell’atto d’accusa, riferisce un comunicato dello stesso Ministero pubblico della Confederazione.
L’allora vicedirettore dell’ufficio commerciale della Missione permanente egiziana a Ginevra, di 42 anni, venne assassinato con sei colpi di pistola semiautomatica nel parcheggio sotterraneo dello stabile in cui viveva nella città di Calvino.
Indagini dal 1995 al 2009
Gli autori fuggirono lasciando sulla scena il silenziatore della pistola, un dispositivo di fabbricazione artigianale realizzato con schiuma dei poggiatesta delle auto e assemblato con nastro adesivo.
In virtù della propria competenza nel perseguimento di reati commessi nei confronti di persone che beneficiano dell’immunità diplomatica, il MPC ha aperto immediatamente un procedimento penale. La Polizia giudiziaria federale ha condotto indagini approfondite fino al 2009, in particolare in relazione a un’impronta digitale rinvenuta sul silenziatore.
Gli accertamenti effettuati nelle banche dati in Svizzera e in decine di paesi tramite l’Organizzazione internazionale della polizia criminale (Interpol) non hanno tuttavia prodotto alcun riscontro. Anche tracce di DNA, sempre rinvenute sul silenziatore, non permisero di far avanzare l’indagine e nel dicembre 2009 il MPC sospese il procedimento penale.
Nuovi elementi grazie a nuova tecnologia
Nel giugno 2016 è entrata in funzione una nuova tecnologia nella banca dati elvetica delle impronte digitali che ha permesso di trovare una corrispondenza tra la traccia sul silenziatore e le impronte digitali del cittadino italo-ivoriano, rilevate a Ginevra nel 2011.
Nel gennaio del 2018, il MPC ha quindi disposto la riapertura del procedimento penale, integrando l’oggi 54enne residente in Francia. Nel corso di ulteriori indagini, in particolare relative ai profili di DNA prelevati dal silenziatore, il procedimento è stato esteso anche all’imputata italo-svizzera, residente a Ginevra.
In carcere preventivo per altri delitti
Il MPC ha incriminato l’italo-ivoriano, che avrebbe agito con particolare mancanza di scrupoli, per assassinio. L’uomo, arrestato nell’ambito di questa inchiesta nell’ottobre del 2018, è stato posto in carcerazione preventiva fino a maggio del 2020 quando, su decisione del Tribunale federale – che ha accolto un suo ricorso contro la proroga di tale detenzione -, ha lasciato la prigione.
Nel dicembre del 2021 è però stato nuovamente arrestato e posto in detenzione preventiva per un procedimento cantonale per sospetta violenza carnale. Il MPC ha in seguito ripreso questo procedimento dal Cantone, in quanto stava già indagando sull’imputato per sospetto assassinio.
L’italo-ivoriano è stato quindi nuovamente posto in carcerazione preventiva fino al deposito dell’atto d’accusa. Contro il 54enne la procura promuove, oltre a quella di assassinio, tutta una serie di accuse, tra cui quella di violenza carnale.
La 49enne è invece accusata di complicità in assassinio. Le viene contestato di aver fabbricato, insieme al presunto omicida, il silenziatore utilizzato per il delitto. L’imputata è stata arrestata nel novembre 2018 e posta in carcerazione preventiva fino alla fine di dicembre dello stesso anno.
Come di consueto, il MPC renderà note le richieste di pena durante l’udienza principale presso il TPF.
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