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Diaspora afghana a Ginevra contro i talebani

L ambasciatore svizzero Nägeli responsabile della Divisione Asia e Pacifico del Dipartimento federale degli Affari Esteri.
L'ambasciatore svizzero Rapahel Nägeli responsabile della Divisione Asia e Pacifico del Dipartimento federale degli Affari Esteri, alla testa della delegazione svizzera nell'incontro con i talebani a Ginevra. © Keystone / Martial Trezzini

L'incontro tra talebani e la diplomazia svizzera è entrato nel vivo a Ginevra. Giovedì mattina la delegazione è stata ricevuta da alcuni rappresentanti della direzione dello sviluppo e della cooperazione del dipartimento degli affari esteri.

Intanto la presenza degli estremisti islamici è vissuta come un affronto dalla diaspora afghana. Un gruppo di donne provenienti dal paese asiatico ha infatti manifestato la propria disapprovazione. Lo hanno fatto in silenzio con i nomi e i volti dei militanti spariti  dall’arrivo dei talebani al potere in Afghanistan

“Siamo venute per sapere perché sono arrivati i talebani a Ginevra, – racconta Chabnam Janussi – la Svizzera ci ha delusi, non capiamo perché sono stati invitati, avrebbero potuti andare a negoziare sul posto, ci sono già molte persone predisposte per la difesa dei diritti degli uomini e delle donne e delle minoranze”

Ad invitare in Svizzera i nuovi padroni dell’Afghanistan è stata la ONG ‘Geneva Call’ che dialoga con tutti i gruppi armati riconosciuti e no dalla comunità internazionale. Garantire la sicurezza della popolazione e degli operatori umanitari sul campo per aiutare i milioni di bisognosi  è lo scopo per cui l’organizzazione avrebbe già ricevuto garanzie

 “Quello che vogliono in cambio è essere riconosciuti come governo ufficiale del paese ma su questo noi non c’entriamo, – Alain Délétroz direttore ONG Ginevra Call – siamo un’organizzazione strettamente umanitaria e questa è una decisione solo politica. Su questo siamo stati molto chiari con loro prima del loro arrivo a Ginevra che noi non possiamo parlare di questo”.

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La Svizzera si aspetta ora “fatti” dai talebani

Durante i colloqui a Ginevra, gli islamisti hanno fornito garanzie di sicurezza per la riapertura dell’ufficio di cooperazione a Kabul, ma per Berna è troppo presto.

I colloqui con 11 talebani, guidati dal ministro della salute Qalandar Ebad, sono stati “franchi” e “aperti”, ha detto il capo della delegazione elvetica ad alcuni giornalisti. Pur ammettendo di non aver appreso molto di nuovo, l’ambasciatore Raphael Nägeli, capo della divisione Asia e Pacifico del Dipartimento federale degli affari esteri, insiste sull’importanza di questo incontro.

L’ambasciatore afgano all’ONU di Ginevra Nasir Andisha, opposto ai talebani, aveva chiesto alla Svizzera di non incontrare i rappresentanti del nuovo governo afghano. L’incontro non costituisce “né una legittimazione, né un riconoscimento” dei talebani ma è “un’opportunità per inviare messaggi”, ha detto Nägeli. “Abbiamo espresso chiaramente le nostre aspettative sui diritti umani, il diritto internazionale umanitario e la protezione della popolazione civile”.

La Svizzera viene ascoltata su questi temi, ha sottolineato l’ambasciatore. “Siamo profondamente preoccupati per le notizie di rapimenti e rappresaglie contro persone associate al precedente governo”, ha aggiunto l’ambasciatore. “Così come per la violenza contro gli attivisti dei diritti umani, contro le donne e contro gli intellettuali”.
 

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