Dazi USA: per gli esperti, Berna ha ancora qualche carta per convincere Trump
Parmelin e Keller-Sutter.
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La Svizzera ha ancora alcune opzioni sul tavolo per dissuadere il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dall'imporre dazi doganali elevati sulle esportazioni elvetiche.
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Il tempo però stringe e gli addetti ai lavori si dividono sull’opportunità o meno di trovare un accordo last minute.
Come noto, la nuova tariffa doganale del 39% entrerà in vigore il 7 agosto, fra soli due giorni. Tuttavia, il Consiglio federale non demorde e durante la sua riunione straordinaria di ieri ha ribadito la volontà di proseguire i colloqui con gli americani, puntando su un’offerta più allettante in grado di far breccia nel muro finora eretto dal tycoon.
È notizia di oggi che la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e il ministro dell’economia Guy Parmelin si recheranno a Washington per tentare di sbloccare la situazione. L’obiettivo è quello di organizzare incontri diretti con le autorità a stelle e strisce per convincerle a ridurre i dazi.
Non si sa quali argomentazioni utilizzerà il governo nei colloqui con l’amministrazione Trump. Ma, secondo vari economisti sentiti dall’agenzia Awp, Berna ha ancora qualche asso da giocare in questa partita.
La gamma spazia da ulteriori impegni di investimento a importazioni agricole agevolate, passando per nuovi acquisti di armamenti. Altre ipotetiche possibilità sono la rinuncia alla Lex Netflix, il trasferimento di know-how in materia di apprendistato o un aumento degli acquisti di gas naturale liquefatto americano. Tutte queste alternative presentano però la loro dose di argomenti a sfavore.
I prezzi dei farmaci, che rappresentano una spina nel fianco per Trump, non dovrebbero invece essere al centro dell’attenzione. Qualcuno ha ipotizzato concessioni volontarie da parte delle aziende del settore, ma la questione appare troppo complessa per essere risolta in volata. È improbabile che si raggiunga un accordo su questo tema entro il 7 agosto, afferma infatti l’esperto di UBS Maxime Botteron. Anche perché, su questo aspetto il Consiglio federale ha un margine di manovra limitato.
Per quanto riguarda le chance di stringere un’intesa sul filo di lana, le opinioni degli specialisti non sono unanimi. Tra gli ottimisti figura Hans Gersbach, codirettore del Centro di ricerca congiunturale del Politecnico federale di Zurigo (KOF). “Potremmo offrire a Trump l’opportunità di ridurre il nostro surplus commerciale con gli Stati Uniti di una certa percentuale durante il suo mandato rispetto al 2024, senza compromettere il nostro collaudato modello economico orientato all’export. Non è facile, ma è certamente fattibile”, spiega, aggiungendo che “servono approcci creativi”.
Fra le voci pessimiste c’è invece quella di Claude Maurer, dell’istituto di ricerca BAK Economics, che mette in guardia contro un “accordo frettoloso e dell’ultimo minuto”. Questo, teme, potrebbe essere costoso. L’esperto inoltre dubita che una simile intesa possa durare a lungo: “Se un attore politico come Donald Trump ha la Svizzera nel mirino, prima o poi troverà un nuovo pretesto”. Il suo consiglio all’esecutivo è dunque quello di assecondare l’inquilino della Casa Bianca in alcuni ambiti, ma di rimanere fedele alla linea di politica economica. Non bisogna farsi illusioni: essendo un Paese piccolo e aperto, la Svizzera è esposta ai giochi di potere internazionali, sottolinea Maurer.
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