Critiche a compensazione CO2, Myclimate chiede l’intervento di Berna
Per ripristinare la fiducia nel mercato delle compensazioni CO2 serve l'intervento dello stato, che deve fissare nuove regole: lo sostiene Kai Landwehr, co-direttore di Myclimate, fondazione zurighese attiva nel ramo.
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Keystone-ATS
“Abbiamo bisogno di una maggiore regolamentazione, in modo che il grano venga separato dalla pula e che i fornitori affidabili possano svolgere il loro lavoro senza inutili polemiche”, afferma in dichiarazioni riportate dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ) il dirigente con trascorsi professionali presso Nike. Questo – argomenta – è l’unico modo per evitare che la fiducia nei progetti di protezione climatica affidabili si eroda completamente.
Landwehr auspica standard vincolanti e ampiamente riconosciuti per il calcolo dell’efficacia dei progetti di protezione del clima, basati su parametri di qualità esistenti e scientificamente riconosciuti. Il responsabile di Myclimate si batte anche per la creazione di un organismo di controllo indipendente, organizzato dallo stato, che possa anche imporre sanzioni.
“Solo così potremo escludere dal mercato gli approfittatori e creare sicurezza per le aziende e per il pubblico”. In attesa che venga allestito un quadro giuridico vincolante che protegga l’impegno volontario delle aziende l’esperto propone che i fornitori di protezione del clima s’impegnino in modo volontario.
A suo avviso la regolamentazione in questione potrebbe essere modellata su quella dell’UE. Con la direttiva “Green Claims”, Bruxelles sta creando uno standard per i progetti di protezione del clima incentrato sulla tutela dei consumatori. In futuro affermazioni pubblicitarie come “neutrale dal punto di vista climatico” o “senza emissioni” saranno consentite solo se i progetti di protezione del clima che ne sono alla base soddisfano requisiti rigorosi. “La Svizzera ha bisogno di un cambiamento di paradigma come questo”, sostiene il laureato in storia antica e sport a Düsseldorf.
MyClimate e la perdita di fiducia
Myclimate è uno dei pionieri nel settore. Fondata nel 2002 da laureati del Politecnico federale di Zurigo (ETH), l’organizzazione senza scopo di lucro ha contribuito allo sviluppo di circa 200 progetti di protezione del clima in 46 paesi. Tra i suoi clienti figurano Swiss, Migros, Coop e Swisscom. L’anno scorso, la fondazione ha contabilizzato entrate per oltre 50 milioni di franchi nel settore della compensazione.
Anche la fondazione sta però risentendo della perdita di fiducia percepita nel comparto. Come noto a livello internazionale il business dei certificati climatici è imploso. Si è scoperto che i progetti di protezione delle foreste erano per lo più basati su previsioni azzardate e che sono stati emessi certificati non supportati da una reale riduzione delle emissioni. E per quanto riguarda altri interventi presumibilmente seri, come le centrali eoliche e solari o le cucine ad alta efficienza energetica, è emerso che spesso sarebbero stati realizzati anche senza l’emissione di certificati.
Solo una parte dei progetti di protezione del clima mantiene le proprie promesse, è giunto alla conclusione uno studio dell’ETH. I ricercatori hanno inoltre riscontrato evidenti carenze nel monitoraggio dei progetti. A seguito delle continue critiche diverse aziende sono così finite sotto accusa per cosiddetto “greenwashing”, ecologismo di facciata.
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