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Condannata in Ticino un’infermiera che accompagnò al suicidio alcuni pazienti italiani

boccetta di pentobarbital accanto a bicchiere con cucchiaino
Le e i pazienti hanno assunto da soli la dose del farmaco necessario per farla finita. KEYSTONE

Mercoledì a Lugano è stata condannata una donna che otto anni fa accompagnò al suicidio alcuni pazienti italiani.

Un’infermiera 67enne, accusata anche di istigazione, avrebbe guadagnato 41’000 franchi accompagnando al suicidio sette persone italiane con la sua associazione “Carpe Diem”.

Il processo nei confronti della donna, che avrebbe accompagnato sette persone alla morte volontaria a Chiasso, si è tenuto mercoledì al tribunale penale di Lugano, nel canton Ticino.

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Secondo quanti riporta la Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI, l’atto d’accusa riporta che i suicidi assistiti sono avvenuti tra la fine di ottobre 2016 e l’inizio di febbraio 2017. In queste occasioni, si legge, la donna avrebbe guadagnato quasi 41’000 franchi.

L’infermiera ha lavorato in passato anche per l’organizzazione Exit, sempre in Ticino, accompagnando per 13 anni diverse persone – “un centinaio”, secondo quanto da lei stessa dichiarato – nella loro scelta di ricorrere al suicidio assistito.

Quando ha fondato Carpe Diem, quello italiano è stato un mercato con un alto potenziale per la donna, poiché, ricordiamo, in Italia non esiste una legge nazionale sull’aiuto alla morte volontaria.

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Carpe Diem, però, è stata fondata senza la regolazione di tutti gli aspetti statutari e offriva i suoi servizi alla clientela italiana direttamente in una struttura che si trovava a Chiasso. Le tariffe spaziavano tra i 2’000 e i 7’000 franchi. In un caso, è emerso, agì gratuitamente.

Il suicidio assistito è legale in Svizzera

Per quanto riguarda il suicidio assistito, in teoria, non ci sono state irregolarità: i e le pazienti che hanno contattato l’infermiera erano in grado d’intendere e volere e hanno fatto la scelta cosciente di farla finita. Inoltre, sono stati loro stessi ad assumere il farmaco preposto allo scopo (come vuole la legge elvetica).

La condanna – una pena pecuniaria di 6’000 franchi sospesa con la condizionale – è legata ai motivi egoistici che le sono stati in parte riconosciuti, visto l’ingente guadagno derivato dalla sua attività e ai metodi definiti, riporta RSI Info, “sbrigativi, che le hanno permesso di chiudere diversi contratti”.

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