“Gli investimenti svizzeri in Italia dovrebbero essere più elevati”
Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch dirige dal primo aprile 2011 la Segreteria di Stato dell’Economia (SECO). In questa intervista rilasciata alla rivista "La SvizzeraCollegamento esterno", della Camera di Commercio elvetica in Italia, spiega che le relazioni economiche tra la Confederazione e il suo vicino meridionale sono solide, ma non mancano i margini di miglioramento.
Come valuta la situazione attuale e le prospettive dell’economia svizzera?
Nel complesso la Svizzera nel 2018 ha registrato una forte crescita economica, pari al 2,5%. Tuttavia, come negli altri Paesi europei, nel secondo semestre la congiuntura ha rallentato e stando a diversi indicatori di tendenza anche per i prossimi mesi si può prevedere una crescita modesta.
A breve termine l’economia mondiale potrebbe rallentare, e con essa il commercio esterno svizzero e le attività d’investimento. Forse nel 2020 la congiuntura riprenderà un po’ di slancio, a condizione però che le controversie commerciali sul piano internazionale non peggiorino. Ulteriori fattori di rischio per l’economia svizzera derivano in gran parte dall’incertezza della situazione politica europea e, più in particolare, dalle relazioni tra Svizzera e UE.
Qual è la sua valutazione sui rapporti economici attuali tra Svizzera e Italia? Quali sono a suo avviso gli aspetti più positivi e quali invece quelli più problematici?
Le relazioni economiche tra Svizzera e Italia sono da sempre molto strette. Dopo la Germania e gli Stati Uniti, l’Italia è a livello mondiale il terzo partner commerciale della Svizzera. A conferma della loro solidità, queste relazioni si sono mantenute relativamente stabili anche durante gli anni di crisi. In molti settori le nostre aziende sono parte integrante delle catene del valore aggiunto mondiali o, quantomeno, europee.
“Se si considerano il volume degli scambi e le grandi potenzialità dell’Italia, gli investimenti diretti svizzeri in questo Paese dovrebbero essere più elevati.”
Perciò, viste anche la vicinanza geografica e le esigenze della produzione «just in time», le procedure d’importazione e di esportazione devono assolutamente potersi svolgere senza intoppi. Un altro aspetto importante sono le condizioni quadro per gli investimenti: in effetti, se si considerano il volume degli scambi e le grandi potenzialità dell’Italia, gli investimenti diretti svizzeri in questo Paese dovrebbero essere più elevati.
Alla fine del 2017, in ordine di importanza l’Italia occupava l’undicesimo posto tra i Paesi destinatari degli investimenti svizzeri. Per incentivarli occorrerebbe migliorare la sicurezza giuridica, il livello di trasparenza e l’efficienza dell’amministrazione, rendere più flessibile il mercato del lavoro ed eliminare le barriere commerciali non tariffarie.
Lei conosce bene anche il Ticino. Quali considerazioni si possono fare sui rapporti tra l’unico Cantone interamente italofono e la confinante Italia?
Sono come i rapporti che legano una coppia di anziani: molte cose in comune, ci si conosce a fondo, e anche se non si va sempre d’accordo non si può fare a meno l’uno dell’altra.
“Le relazioni tra Ticino e Italia sono come i rapporti che legano una coppia di anziani: molte cose in comune, ci si conosce a fondo, e anche se non si va sempre d’accordo non si può fare a meno l’uno dell’altra.”
Nell’Ottocento e anche prima molti ticinesi sono emigrati in Italia, mentre nel secolo successivo molti italiani sono venuti in Svizzera e in Ticino.
A volte si trattava di forza lavoro non qualificata, a volte invece di specialisti: anche oggi è così, ed è il risultato del rapporto tra domanda e offerta. Per consolidare i rapporti che storicamente intercorrono, a livello culturale ed economico, tra Svizzera italiana e Italia è necessario un impegno costante da entrambe le parti. Ma mi sembra che questo presupposto sia soddisfatto. Inoltre circa la metà degli scambi tra Svizzera e Italia avviene tra le regioni confinanti.
I rapporti tra il Ticino e la Lombardia sono stretti anche per ciò che concerne il mercato del lavoro. Nel 2018 circa 62’000 delle persone con un’attività lavorativa residenti in Ticino avevano un passaporto italiano. Inoltre nel Cantone lavoravano 63’000 frontalieri, e altre 27’000 persone erano attive in Ticino come dimoranti temporanei soggetti all’obbligo di notifica.
Poco più della metà dei posti di lavoro ticinesi sono occupati da italiani. Grazie alla libera circolazione delle persone, negli ultimi anni questo numero in alcuni periodi è aumentato piuttosto rapidamente, a volte proprio quando il mercato del lavoro svizzero era sotto pressione a causa del forte apprezzamento del franco. Ciò ha causato talvolta l’insorgere di tensioni.
Sarebbe bene ricordare, secondo me, che nel corso degli ultimi anni in Ticino non sono stati creati posti di lavoro soltanto per gli italiani, bensì anche per la popolazione residente, il cui tasso di occupazione è cresciuto. Questi dati mostrano come per una regione di frontiera come il Ticino gli scambi con le regioni vicine, in cui si parla anche la stessa lingua, siano importanti.
Senza una possibilità di accesso al mercato del lavoro italiano, il Ticino sarebbe soltanto un’area periferica della Svizzera. Auspico che l’andamento dell’economia sia positivo in entrambi i Paesi, e personalmente ritengo che a questo scopo serva soprattutto un’apertura reciproca.
Altri sviluppi
Cent’anni di proficue relazioni commerciali con l’Italia
La Camera di Commercio Svizzera in Italia compie cento anni. Dal suo punto di vista, quali considerazioni si possono o si devono fare ora su questa presenza elvetica in Italia?
La Camera di Commercio Svizzera in Italia vanta una storia secolare. Le spetta il non facile compito di mantenere un legame tra la Svizzera e gli imprenditori che, in alcuni casi, sono attivi in Italia da diverse generazioni; nel contempo è chiamata a sostenere le aziende più giovani che intraprendono un’attività in Italia.
Sono dell’opinione che la Camera di Commercio contribuisca in misura importante a consolidare rapporti: la storia insegna che, malgrado le crisi, le nuove alleanze e gli sforzi per diversificare, i partner commerciali tradizionali continuano a rivestire la massima importanza.
“Senza una possibilità di accesso al mercato del lavoro italiano, il Ticino sarebbe soltanto un’area periferica della Svizzera.”
Quali possibili sviluppi ci possono essere a suo avviso per quel che riguarda l’Accordo quadro tra Svizzera e Unione Europea?
L’accordo quadro con l’UE è volto a consolidare ed estendere l’accesso reciproco ai rispettivi mercati. I negoziati con l’Unione Europea sono proseguiti fino a novembre dell’anno scorso. Il Consiglio federale ha poi deciso di avviare un’ampia consultazione fra gli attori interessati: partiti politici, Cantoni, partner sociali, ambienti economici e scientifici.
Il nostro Governo ritiene che il risultato dei negoziati corrisponda in gran parte all’interesse del Paese. Stiamo tuttavia discutendo su alcuni aspetti che hanno bisogno di chiarimenti. Le consultazioni stanno per finire e il Governo ne stilerà un bilancio, definendo nel contempo i prossimi passi.
Quali prospettive vede per i rapporti economici tra la Svizzera e il Regno Unito, considerando il contesto Brexit?
Per la Svizzera il Regno Unito è un partner economico importante. Nel 2018, il mercato britannico era il sesto destinatario in ordine d’importanza delle esportazioni svizzere (8,8 miliardi di franchi) e l’ottavo mercato per quanto concerne le forniture (importazioni per 7,7 miliardi di franchi).
Per evitare emergenze causate da vuoti giuridici e garantire che le nostre relazioni commerciali possano, per quanto possibile, proseguire sulle basi attuali, Svizzera e Regno Unito hanno concluso un accordo commerciale.
Questo accordo, firmato l’11 febbraio a Berna, mantiene in larga parte i diritti e gli obblighi attualmente vigenti in ambito economico e commerciale. Inoltre, prevede l’avvio di discussioni esplorative per estendere le attuali relazioni bilaterali: in futuro si tratterà di sviluppare e aggiornare questo accordo tenendo conto degli interessi di entrambi i Paesi, in particolare mediante l’inserimento di settori aggiuntivi.
Il settore bancario e finanziario svizzero guarda anche al libero accesso ai mercati dei servizi finanziari dei Paesi UE, Italia inclusa, non ancora ottenuto. A suo parere quali sono le prospettive in questo ambito?
Nel 2018, riguardo all’attuazione della direttiva europea relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MIFID II), l’Italia ha deciso di introdurre un requisito di stabilimento per le banche di Paesi terzi. Tuttavia la Svizzera si atterrà alla tabella di marcia concordata con l’Italia nel febbraio del 2015, soprattutto perché mira ad ottenere una migliore accessibilità del mercato per le banche svizzere, in particolare per ciò che concerne i clienti privati in Italia.
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