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Coazione sessuale: condannato a 18 mesi ex cappellano di un collegio ticinese

sala di un tribunale
I giudici della Corte ticinese hanno riconosciuto colpevole il sacerdote solo per alcuni casi, definiti lievi. Keystone / Pablo Gianinazzi

La pena inflitta giovedì al sacerdote dalla Corte delle assise criminali di Lugano è decisamente inferiore rispetto a quella richiesta dall’accusa.

È stato condannato a 18 mesi di carcere sospesi con la condizionale per due anni e a un accompagnamento ambulatoriale l’ex cappellano del collegio Papio di Ascona a processo giovedì per una serie di reati sessuali ai danni di minori e giovani adulti. La Corte, presieduta da Amos Pagnamenta, haanche deciso l’immediata scarcerazione del sacerdote e il divieto a vita di svolgere qualsiasi attività con i giovani.

Il sacerdote è dunque stato riconosciuto colpevole di coazione sessuale solo per alcuni casi, definiti lievi dalla Corte. Quest’ultima ha poi richiamato l’accusa, non comprendendo su quali basi abbia promosso una richiesta di pena fuori scala rispetto ai fatti accertati.

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L’accusa

Durante il dibattimento odierno, il pubblico ministero Valentina Tuoni aveva infatti formulato la richiesta di condanna a cinque anni e mezzo di reclusione per i reati di coazione sessuale e atti sessuali con minori.

Il pubblico ministero ha inoltre richiamato l’attenzione sulle difficoltà affrontate dalle vittime nel denunciare e ammettere i fatti, considerata la notorietà e la stima di cui gode l’imputato. Un elemento insolito, ha rivelato Tuoni, è rappresentato dalle lettere di perdono e supporto ricevute dal religioso durante la detenzione, circostanza rara per imputati accusati di abusi su minori.

Le vittime consideravano l’imputato una figura di grande fiducia. Un caso particolarmente significativo riguarda un giovane i cui genitori erano stati sposati dal sacerdote, che aveva anche celebrato il suo battesimo. Il numero complessivo delle persone coinvolte ammonta a nove, quattro delle quali minorenni al momento dei fatti.

La difesa

La difesa aveva sollecitato invece una condanna non superiore ai tre anni, con parziale sospensione della pena. Aveva inoltre avanzato istanza per la scarcerazione immediata, considerando l’anno di detenzione già scontato.

L’avvocato difensore Marco Masoni ha posto l’accento sulla collaborazione prestata dal suo assistito durante le investigazioni, sottolineando come sia stato lui stesso a indicare le vittime che diversamente non sarebbero state identificate.

Le accuse a carico del religioso riguardavano come detto abusi su nove giovani, consistenti in massaggi al petto e contatti inappropriati mediante sfregamento dell’avambraccio sui genitali delle vittime. La strategia difensiva ha puntato al proscioglimento per quattro dei nuovi episodi contestati, sostenendone l’inesistenza, mentre ha riconosciuto i restanti cinque casi, ridimensionandone tuttavia la frequenza.

Il comunica stampa della Curia vescovile

In serata sulla vicenda ha preso posizione la Curia vescovile che ha diffuso un comunicato stampa. “L’Amministratore apostolico, il vescovo Alain de Raemy, – si legge nella breve nota – esprime la vicinanza sua personale e della Diocesi alle persone coinvolte negli episodi, condividendo con loro, con i loro familiari e con tutti coloro che sono toccati da questa vicenda dolorosa, la sofferenza vissuta e assicura la costante disponibilità di ascolto e di supporto”.

La Curia precisa inoltre che “in merito alla situazione attuale del presbitero, proseguono l’indagine canonica nei suoi confronti e le opportune valutazioni circa la sua prossima residenza”.

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