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Coalizione si mobilita a Berna contro la discriminazione salariale

manifestazione in piazza a berna
Continuano a sussistere ancora differenze salariali, deplora la "Koalition gegen Lohndiskriminierung". Keystone-SDA

A cinque anni dall'inasprimento della legge federale sulla parità dei sessi (LPar), i sindacati stilano un bilancio negativo.

Le misure che prevedono il controllo obbligatorio degli stipendi non hanno dato i frutti sperati e sono ancora troppo lacunose, sostiene la “Coalizione contro la discriminazione salariale”, che oggi è scesa in piazza a Berna per chiedere a Parlamento e Consiglio federale di fare di più.

In base alla revisione della LPar in vigore dal 1° luglio 2020, le aziende svizzere con più di 100 dipendenti sono tenute a verificare gli stipendi del personale con lo scopo di individuare differenze retributive inspiegabili tra collaboratori e collaboratrici. L’obiettivo è quello di combattere così la discriminazione salariale tra i sessi e promuovere l’uguaglianza effettiva fra donna e uomo.

Tuttavia, a cinque anni di distanza, continuano a sussistere ancora differenze salariali, deplora la “Koalition gegen Lohndiskriminierung” (Coalizione contro la discriminazione salariale), che conta una cinquantina di associazioni, sindacati ed esponenti politici. “Secondo le attuali disposizioni di legge, è sufficiente che un’azienda dimostri una volta di rispettare la parità salariale per essere esentata da ulteriori controlli”, ha dichiarato Léonore Porchet, vicepresidente di Travail.Suisse, citata in un comunicato. “È un approccio troppo ottimistico! Concedere carta bianca a un’azienda solo perché ha dimostrato una volta di aver rispettato la legge apre la porta ad abusi”, ha puntualizzato la consigliera nazionale ecologista vodese.

Vania Alleva, presidente di Unia, ha criticato la totale mancanza di sanzioni: “Nulla obbliga le aziende a rispettare la legge. Se viene rilevata una disparità salariale ingiustificata, non c’è alcun obbligo a correggere il tiro”, ha detto la numero uno del sindacato. “È ora che i datori di lavoro non la facciano più franca impunemente: ora servono sanzioni tangibili”.

“8’000 franchi in meno”

Per la consigliera agli Stati Flavia Wasserfallen (PS/BE) è lampante che le disposizioni dettata dalla LPar vadano estese anche alle aziende che contano più di 50 dipendenti: “L’attuale normativa riguarda meno dell’1% delle società e meno della metà di tutti gli impiegati”, sostiene la socialista. “Pertanto, il campo di applicazione della legislazione deve essere esteso anche alle piccole e medie imprese”.

Stando alla coalizione la differenza salariale inspiegabile, ovvero quella che rimane dopo aver eliminato le diversità di lavoro, settore, formazione e posizione professionale rappresenta il 48% di tutte le differenze salariali riscontrate. Ciò significa che in media una donna riceve in busta paga circa 8’000 franchi in meno all’anno solo perché è donna, afferma l’alleanza, che esorta il Parlamento e il Consiglio federale a occuparsi nuovamente della questione e a sottoporre la LPar a una nuova revisione.

Entro la fine del 2027 la stessa coalizione intende elaborare un nuovo progetto di legge.

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