Indennità militari da rivedere per favorire la carriera delle donne nell’esercito

Il Consiglio nazionale ha approvato una mozione per rivedere le indennità minime del servizio militare, con l’obiettivo di eliminare gli svantaggi sistemici che penalizzano le donne e ostacolano il raggiungimento dell’obiettivo del 10% di presenza femminile nell’esercito entro il 2030.
Le indennità minime per chi presta servizio militare vanno riviste, allo scopo di non scoraggiare le donne soldato a continuare la loro carriera militare. Lo chiede il Consiglio nazionale che ha tacitamente approvato venerdì una mozione di Marcel Dobler (Partito liberale radicale – PLR, destra).
Nel suo intervento il sangallese ricorda che l’esercito si è posto l’obiettivo di aumentare la quota di donne al 10% entro il 2030, percentuale che oggi è solo dell’1,5%. Tale obiettivo non è però realistico secondo Dobler, in particolare a causa dello “svantaggio sistemico” che tende a scoraggiare le donne dal prestare servizio.
Infatti, dato che oggi l’indennità finanziaria è basata sul reddito precedente, le donne con un basso tasso di occupazione ricevono per lo più l’indennità minima. Una donna con il grado di maggiore con 1000 giorni di servizio, responsabilità di condotta e che in un giorno di servizio lavora 12 ore, riceve così lo stesso importo di una recluta al suo primo giorno di servizio, ha deplorato Dobler.
Per il sangallese è quindi necessario intervenire per eliminare questi incentivi finanziari negativi. Il consigliere nazionale ha sottolineato che gli adeguamenti devono valere anche per gli uomini che si trovano in situazioni analoghe.
Il Consiglio federale si è detto disposto a esaminare le disposizioni legislative vigenti e ad apportare eventuali modifiche. L’attuazione della mozione avverrà nell’ambito del piano d’azione per la “Strategia per la parità tra donne e uomini 2030”, ha precisato l’Esecutivo.
Il dossier passa ora agli Stati.
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