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Il boicottaggio dei prodotti statunitensi è spesso controproducente

schermata laptop con lista dei paesi e percentuali di dazi
Keystone-SDA

L’annuncio dei dazi doganali USA del 39% contro la Svizzera ha scatenato appelli al boicottaggio dei prodotti made in USA, ma secondo gli esperti questa reazione è poco efficace e rischia di danneggiare anche l’economia elvetica.

Dopo l’annuncio di Donald Trump di imporre alla Svizzera dazi doganali del 39%, si moltiplicano gli appelli al boicottaggio dei prodotti statunitensi. Tuttavia, secondo gli esperti, questo tipo di reazione è spesso inefficace e potrebbe persino penalizzare l’economia elvetica.

Sebbene finora solo due politici abbiano invitato al boicottaggio dei prodotti americani – il consigliere di Stato vallesano centrista Christophe Darbellay e il suo collega di partito, il consigliere nazionale bernese Reto Nause – il movimento è particolarmente attivo sui social network.

Ma alle parole non sempre seguono i fatti. Un sondaggio condotto in maggio da Digitec Galaxus, basato sui dati di vendita del colosso del commercio online, ha rivelato che, nonostante la guerra commerciale lanciata dal presidente americano Donald Trump, gli Europei hanno continuato ad acquistare prodotti provenienti dagli Stati Uniti. La quota di vendite dei marchi USA ammontava allora al 17,5%, appena inferiore a quella dello stesso mese dell’anno precedente (18,3%).

Hendrik Blijdenstein, direttore commerciale (CCO) di Digitec Galaxus, spiega il fallimento del boicottaggio con l’ignoranza. “Molti marchi americani non hanno connotazioni politiche, come Le Petit Marseillais, che appartiene al gruppo americano Johnson & Johnson, il cioccolato Milka, che fa parte del gruppo Mondelez di Chicago, o Mastro Lindo, che appartiene alla Procter & Gamble di Cincinnati”, scrive il CCO sul sito dell’azienda.

Anche l’attaccamento emotivo ai prodotti statunitensi può spiegare la reazione esitante dei consumatori. “Per molti, marchi come Apple o Nike fanno parte dello stile di vita e sono quindi più forti delle posizioni politiche”, afferma Blijdenstein.

Contattati dall’agenzia finanziaria AWP, McDonald’s Svizzera e Coca-Cola Svizzera non hanno riscontrato alcuna differenza nelle vendite dall’introduzione dei dazi doganali americani. Da parte sua, Swisscom non ha registrato un aumento delle disdette degli abbonamenti Netflix.

Per Tesla, invece, la realtà è più difficile. Nei primi sette mesi del 2025, le vendite della casa automobilistica americana guidata dal controverso Elon Musk sono crollate, secondo i dati di Auto-Suisse, l’associazione che raggruppa gli importatori svizzeri di vetture. In questo periodo sono stati immatricolati 3’229 veicoli elettrici, con un calo del 42% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

L’economia svizzera penalizzata

È comunque molto complicato liberarsi completamente dai marchi americani, soprattutto nel settore informatico. “Sostituire i servizi di Google o Microsoft con un’alternativa è molto più difficile che smettere di mangiare da McDonald’s”, afferma Philip Balsiger, professore di sociologia all’Università di Neuchâtel e specialista dei processi di contestazione dei mercati.

Inoltre, un boicottaggio raramente ha ripercussioni economiche. “È meno il fatturato di un marchio che la sua reputazione a risentire di un boicottaggio”, ritiene Balsiger. Fatta eccezione per il Canada: “in questo Paese la mobilitazione è stata molto forte, coinvolgendo anche i governatori, e ha riguardato un numero di prodotti americani molto più elevato di quelli importati in Svizzera”, spiega lo specialista.

L’arma del boicottaggio è anche un’arma a doppio taglio, in particolare nel settore alimentare e della ristorazione. La maggior parte degli ingredienti utilizzati per fabbricare un prodotto “tipicamente americano” proviene in realtà dalla Svizzera, come ricordano Coca-Cola e McDonald’s.

“Coca-Cola è prodotta e distribuita nella Confederazione da Coca-Cola HBC Svizzera, un’azienda con sede a Steinhausen, nel Canton Zugo, che possiede stabilimenti di produzione a Dietlikon, nel Canton Zurigo, e a Vals, nei Grigioni. Circa il 95% dei nostri ingredienti proviene da fornitori elvetici. Ciò include l’acqua potabile e minerale, l’anidride carbonica e lo zucchero”, spiega Reyn Ffoulkes, direttore della comunicazione di Coca-Cola Svizzera.

Lo stesso vale per McDonald’s Svizzera. “Oltre l’85% dei nostri ingredienti proviene da fornitori elvetici, il che ci rende un partner solido dell’economia e dell’agricoltura locali. Ogni anno oltre 6000 agricoltori ci riforniscono”, sottolinea un portavoce, aggiungendo che “questo radicamento locale (…) è al centro dell’identità di McDonald’s Svizzera da quasi 50 anni”.

Inoltre, con la cosiddetta “Lex Netflix”, entrata in vigore il 1° gennaio 2024, il cinema svizzero beneficia di un’importante manna finanziaria americana. La legge impone infatti alle aziende di streaming, come Netflix o Amazon, di versare almeno il 4% dei loro ricavi lordi realizzati in Svizzera nella creazione cinematografica elvetica. Ad oggi sono stati stanziati circa 15,9 milioni.

Boicottare un prodotto americano equivarrebbe quindi a penalizzare le aziende e i produttori svizzeri. Per Philip Balsiger, “è una caratteristica delle economie globalizzate”.

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