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Bio Suisse: “Mangiare bio è più facile che rinunciare ai viaggi”

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Keystone-SDA

Secondo il presidente di Bio Suisse Urs Brändli il prezzo dei prodotti biologici non dovrebbe scoraggiare la fascia di popolazione che se li può permettere.

Optare per i prodotti biologici a tavola è facile, più che rinunciare a viaggiare, e il prezzo non dovrebbe scoraggiare quella larga fascia di popolazione che può permetterselo: è l’argomentazione di Urs Brändli, presidente di Bio Suisse.

“Siamo convinti che il consumo consapevole aumenterà nei prossimi anni”, afferma il contadino sangallese in un’intervista pubblicata oggi dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ). “Una parte crescente della popolazione vuole assumersi la responsabilità dell’acquisto degli alimenti. Allo stesso tempo, l’aspetto della salute sta diventando sempre più importante. Questo gioca a nostro favore”.

“Con il cambiamento climatico sempre più persone penseranno a ciò che consumano e a come mangiano”, prosegue l’esperto. “Questo è esattamente ciò che esprimiamo nella nuova campagna pubblicitaria: non mostriamo più la vita idilliaca delle fattorie, ma ci concentriamo interamente sul consumatore con il messaggio: se mangiate biologico, state già facendo molte cose giuste”.

“La sostenibilità è ancora importante per le persone: ed è facile quando si tratta di cibo, ogni giorno si può prendere una decisione a favore della sostenibilità”, argomenta lo specialista. “È più difficile quando si tratta di mobilità, alla quale le persone non sono più disposte a rinunciare. Dobbiamo abbandonare l’obbligo di essere perfetti. Conosco persone che mangiano quasi esclusivamente alimenti bio, ma che poi volano alle Maldive una volta all’anno. Anche la mia impronta ecologica di quest’anno è già rovinata: sono andato in Nuova Zelanda perché mia moglie è di lì. Ovviamente non è una cosa coerente”.

La clientela dei prodotti bio – osservano i giornalisti della NZZ – sembra essere costituita da abitanti di città che guadagnano molto, il cibo biologico è forse elitario? “Conosco molte persone che acquistano costantemente alimenti bio, ma non sono individui con stipendi elevati”, risponde l’intervistato. “Lo fanno per convinzione e per stabilire delle priorità. Ma è un fatto che una parte considerevole dei nostri clienti vive nelle aree urbane”.

65 franchi in più al mese

“Una famiglia di quattro persone paga 65 franchi in più al mese per prodotti alimentari di base bio. Certo, per alcune famiglie si tratta di una cifra elevata, ma il prezzo non dovrebbe essere l’unico il motivo per cui un maggior numero di persone non acquista alimenti più ecologici. Più della metà dei consumatori potrebbe facilmente far fronte a tale spesa aggiuntiva”.

Bio Suisse ora chiede che il bio sia esentato dall’imposta sul valore aggiunto (IVA), che per gli alimentari è del 2,6%. “Il cibo prodotto in modo intensivo, che è molto più economico, impone costi enormi alla generazione successiva”, argomenta il professionista. “Nel Seeland bernese negli ultimi anni è stato necessario chiudere cinque pozzi di acqua potabile perché i pesticidi finivano nelle falde acquifere. Le nuove condotte idriche, costate milioni, sono pagate dai contribuenti. Le aziende agricole biologiche, invece, promuovono la biodiversità perché non vengono periodicamente inondate di pesticidi nei campi. Questo è un beneficio per il pubblico in generale. Sarebbe quindi giusto esentare l’IVA sui prodotti biologici come forma di compensazione”.

“L’esenzione dall’IVA avrebbe un effetto relativamente ridotto”, ammette l’agricoltore. “È però legittima e abbasserebbe i prezzi del biologico. Si dice sempre che i prezzi elevati scoraggiano i consumatori dall’acquistare articoli bio. Nessuno dice che la concorrenza sugli scaffali è sleale: i nostri prodotti causano molti meno costi esterni e lo stato dovrebbe tenerne conto”.

Che cosa dire infine di un possibile abbassamento dei dazi agricoli elvetici, in risposta alla pressione degli Stati Uniti? “Per il settore bio non sarei affatto preoccupato”, replica l’interessato. “Negli Stati Uniti non c’è una sola azienda agricola certificata come noi. Alcuni consumatori potrebbero essere contenti della bistecca T-bone americana, ma non sono sicuro che il prodotto statunitense incontrerebbe molta richiesta qui, soprattutto non tra i nostri clienti”, conclude Brändli.

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