Aiutò a morire un’anziana sana, assoluzione definitiva
Il Tribunale federale assolve il vicepresidente di Exit Romandia.
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Per la giustizia elvetica, un medico che si adopera per agevolare il suicidio di una persona in buona salute non è sanzionabile penalmente, benché abbia infranto il codice etico della sua professione.
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tvsvizzera.it/spal con Keystone-ATS
Il Tribunale federale (TF) ha definitivamente assolto Pierre Beck, ex vicepresidente dell’organizzazione di aiuto al suicidio Exit Svizzera romanda, per aver prescritto pentobarbital a una donna sana di 86 anni che voleva morire insieme al marito gravemente malato. Per il TF Beck non ha violato la Legge federale sugli stupefacenti e sulle sostanze psicotrope (LStup).
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I giudici della prima Corte di diritto penale del TF hanno respinto con quattro voti contro uno il ricorso presentato dal ministero pubblico nel febbraio dello scorso anno, che contestava l’assoluzione del medico in appello a Ginevra.
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La corte federale non ha avuto dubbi sul fatto che l’utilizzazione del pentobarbital rientrasse nel campo d’applicazione della legge ma la norma persegue obiettivi di salute e ordine pubblico e non è mai stata pensata per regolare il suicidio assistito.
Volontà chiara della paziente
Il giudice relatore ha ricordato che prima di consegnare la sostanza letale, l’imputato aveva più volte parlato con la donna per telefono e l’aveva incontrata di persona in due occasioni.
Inoltre, l’anziana aveva ripetutamente espresso il desiderio di morire contemporaneamente al marito in fin di vita. Aveva firmato una dichiarazione in tal senso davanti a un notaio. Infine, il suo medico di famiglia aveva attestato la sua capacità di discernimento.
La donna si era autosomministrata il farmaco letale ed è deceduta insieme al marito il 18 aprile del 2017.
Il tribunale ha riconosciuto che Beck non ha rispettato le regole etiche della sua professione e le direttive dell’Accademia svizzera delle scienze mediche (SAMW/ASSM). Queste disposizioni consentono infatti al corpo medico di praticare il suicidio assistito solo in caso di morte imminente o di sofferenza intollerabile e la situazione di una persona in buona salute non è contemplata.
Ma queste regole etiche e direttive, è stato evidenziato, non hanno forza di legge e non costituiscono una base giuridica sufficiente per pronunciare una sanzione penale. Più precisamente, astenendosi dal punire il suicidio assistito, se non quando praticato per motivi egoistici, il Consiglio federale e il Parlamento, secondo la suprema corte, hanno consapevolmente lasciato una grande libertà di scegliere come morire.
Si è trattato della seconda volta in tre anni che la prima Corte di diritto penale del TF si riuniva in udienza pubblica in merito a questa vicenda. Nel dicembre 2021, i giudici federali avevano annullato la condanna di Beck per violazione della Legge federale sui medicamenti e i dispositivi medici (LATer), ma avevano chiesto al tribunale d’appello ginevrino di riesaminare il caso sulla base della LStup.
Rispettando l’ingiunzione, la Camera penale d’appello e di revisione di Ginevra, nel febbraio dello scorso anno aveva assolto Beck, considerando che il medico non avesse violato la LStup. La corte ginevrina aveva anche indicato che il mancato rispetto delle regole della sua professione, stabilite dalla SAMW/ASSM, esponevano l’imputato a sanzioni disciplinari.
Nel febbraio dello scorso anno Beck ha affermato che avrebbe agito ancora allo stesso modo in un caso simile. “Se mi trovassi di nuovo di fronte a una donna – aveva detto alla radiotelevisione pubblica romanda RTS – con una sofferenza intensa e un progetto di suicidio molto concreto, nella fattispecie per defenestrazione, l’aiuterei nuovamente per permetterle una morte dolce, senza pericoli”.
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