Condannati a 10 anni di carcere due genitori che uccisero la figlioletta disabile
Il Tribunale distrettuale di Bremgarten.
Keystone-SDA
Dieci anni di carcere ed espulsione dal Paese per omicidio intenzionale e tentato omicidio: è la pena inflitta dal Tribunale cantonale di Argovia a una coppia di genitori che nel 2020 uccise la figlia di 3 anni gravemente disabile a Hägglingen.
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Una coppia di nazionalità tedesca è stata condannata dal Tribunale cantonale argoviese a 10 anni di carcere per aver ucciso, nel 2020, la loro figlia gravemente disabile. Saranno inoltre espulsi dalla Confederazione. La nonna è stata assolta dall’accusa di complicità. Le sentenze possono ancora essere impugnate davanti al Tribunale federale (TF).
La corte d’appello ha confermato i capi di accusa mossi contro la coppia di nazionalità tedesca dal Tribunale distrettuale di Bremgarten lo scorso settembre, ma ha aumentato la pena detentiva per i due imputati trentenni da 8 a 10 anni.
La seconda istanza ha inoltre confermato la loro espulsione dalla Svizzera per 10 anni e l’assoluzione della nonna della bimba dall’accusa di complicità nell’omicidio anche se non ha impedito alla figlia e al genero di compiere il gesto.
Come già la prima istanza, i giudici cantonali non hanno seguito la richiesta del ministero pubblico che chiedeva 18 anni di reclusione per assassinio. E non hanno nemmeno accolto la richiesta della difesa, che chiedeva una condanna a tre anni di reclusione in parte sospesa per omicidio passionale.
Il 6 maggio del 2020, i due partner hanno drogato la bambina con dell’ecstasy e l’hanno poi soffocata. Entrambi sono anche stati giudicati colpevoli di tentato omicidio intenzionale in quanto nell’ottobre 2019, avevano già tentato di sopprimere la bambina con un’overdose di sonniferi nel biberon.
Non è un assassinio
Il Tribunale cantonale non ha ravvisato i limiti di un assassinio in questo crimine, ha detto il suo presidente annunciando la sentenza. Il delitto non è stato commesso per egoismo o con una particolare mancanza di scrupoli. Tuttavia, non spetta ai genitori decidere se la vita del figlio sia degna di essere vissuta o meno, ha detto.
Secondo i giudici, non si può nemmeno parlare di omicidio passionale. La profonda prostrazione dei genitori era certamente grande, ma non era una condizione cronica. Secondo la corte sarebbero state possibili altre soluzioni.
Per quanto riguarda la pena inflitta in secondo grado, i giudici non hanno accordato alcuna attenuazione di responsabilità, soprattutto vista l’assenza di pentimento da parte dei genitori. Durante l’appello, la madre ha persino dichiarato che avrebbe commesso di nuovo lo stesso atto.
In tribunale, i due hanno dichiarato di aver posto fine alla vita della loro bambina per amore, in considerazione della sua grave disabilità cerebrale e del suo dolore senza prospettive di guarigione.
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