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A caccia di detriti spaziali

ClearSpace-1
Per catturare la sua 'preda', Clear-Space-1 sarà equipaggiato con una specie di mano gigante, con quattro dita di metallo. ESA

C'è un tema sempre più urgente nelle agende delle agenzie spaziali: il recupero dei rifiuti spaziali. La “Sindrome di Kessler” e la possibilità che una reazione a catena di scontri fra detriti renda inutilizzabile il cielo, ha spinto molti studiosi e agenzie a concentrare gli sforzi nella ricerca di una soluzione a questo problema.

Come ci spiega Luisa Innocenti, Head of Clean Space Office dell’ESACollegamento esterno, è però un compito tutt’altro che semplice, non solo per le enormi difficoltà tecniche insite nel recupero di un singolo detrito, ma anche per gli importanti costi che una simile missione comporta. Ciononostante non ci si arrende e la prima missione di recupero – progettata e realizzata dall’azienda svizzera Clear SpaceCollegamento esterno sotto l’egida dell’ESA –  partirà nel 2025 e potrebbe segnare l’inizio di una nuova era. (Per sapere tutto su questo progetto, leggete l’approfondimento del nostro collega Marc-André Miserez)

Raccogliere questi detriti diventa essenziale perché come spiega la “Sindrome di KesslerCollegamento esterno“, il crescente numero di rifiuti in orbita renderebbe impossibile per molte generazioni l’esplorazione spaziale e anche l’uso dei satelliti artificiali.

Altri scienziati, nel frattempo, lavorano a nuovi progetti per evitare di creare ulteriori rifiuti intorno alla Terra come ci spiegano alla Gauss Srl, azienda specializzata nella costruzione di satelliti, dove si mira ad allungare la vita di quelli in orbita e si studia la possibilità di utilizzare materiali più eco-compatibili come il legno.

Il riciclo di questi oggetti sembra ancora un sogno ma c’è chi guarda lontano come l’azienda Orbit RecyclingCollegamento esterno che proporrà all’ESA un progetto per utilizzare alcuni detriti recuperati per costruire una base sulla luna.

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