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‘Suisse secrets’, tra museruole e reazioni indignate

L insegna di Credit Suisse.
I dati relativi a 18'000 conti bancari di Credit Suisse sono stati consegnati da un informatore anonimo alla stampa. Dalla fuga di dati - avvenuta oltre un anno fa - sono scattate una serie di inchieste giornalistiche internazionali pubblicate sotto il nome di "Suisse Secrets". © Keystone / Ennio Leanza

L'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) si sta occupando degli "Suisse Secrets" e di Credit Suisse. Indignate per contro le reazioni dell'Associazione Svizzera dei Banchieri mentre la legge svizzera sulle banche ha frenato molti media elvetici.

Secondo le rivelazioni di un pool internazionale di giornalisti la banca elvetica avrebbe accolto per anni fra i suoi clienti dittatori, presunti criminali di guerra trafficanti di droga e di esseri umani. Credit Suisse respinge gli addebiti.

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La Finma è a conoscenza degli articoli di stampa ma non commenta le singole notizie diffuse dai media, ha affermato il suo portavoce Tobias Lux. “Possiamo comunque confermare che siamo in contatto con la banca in questo contesto”, ha aggiunto Lux.

Dal 2015 Credit Suisse, ricorda la Finma, ha adottato diverse misure per rafforzare la propria conformità fiscale (“compliance”) e la lotta contro il riciclaggio di denaro. Malgrado i miglioramenti “alcuni dei quali sostanziali”, la Finma ha comunque ordinato ulteriori misure supplementari al fine “di ripristinare la situazione conforme” e nominato un incaricato per esaminarne l’attuazione.

Il Ceo dell’Associazione Svizzera dei Banchieri ‘Swissbanking’, Jürg Gasser, ribadisce che si tratta di un attacco a tutta la piazza finanziaria svizzera, e non solo a Credit Suisse. Gasser lo definisce addirittura tendenzioso perché riferito al passato, prima della fine del segreto bancario e allo scambio automatico delle informazioni.

Legge sulle banche, una museruola per la stampa

La “museruola” contemplata dalla legge svizzera sulle banche ha frenato molti media elvetici dal partecipare alle indagini sulle attività del Credit Suisse, sfociate nello scandalo “Suisse Secrets”: i giornalisti svizzeri rischiano infatti sanzioni qualora scrivessero o riportassero informazioni basate su dati rubati o trapelati illegalmente. Ora il dissenso nei confronti di questo bavaglio che di fatto limita l’informazione sta dilagando nel paese.

Le sanzioni per i giornalisti elvetici possono andare fino a tre anni di reclusione. L’articolo della legge in questione era stato voluto dal Partito liberale (da sempre vicino al mondo della finanza), che in un primo tempo aveva addirittura chiesto cinque anni di carcere per la stampa “ficcanaso”. 

Ecco le reazioni del mondo bancario e le considerazioni di Carlo Lombardini, professore di diritto bancario all’Università di Losanna.

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