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Brexit, terzo e ultimo tentativo di Theresa May

L'ultima spiaggia: c'è tempo fino alle 23 ora locale per incassare un via libera, o un altro schiaffo e passare la mano. In palio, la possibilità di mettere fine all'incertezza e fare uscire il Regno Unito dall'Ue entro la proroga limitata al 22 maggio che Bruxelles ha concesso a patto che quell'accordo passi. 

Questo contenuto è stato pubblicato il 29 marzo 2019
tvsvizzera.it/fra con RSI
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Un sì, un solo sì, in coda a un'interminabile teoria di no e di veti incrociati. È tutto ciò di cui Theresa May ha bisogno - ma che non è affatto certa di strappare - in quello che potrebbe essere venerdì il suo canto del cigno alla Camera dei Comuni, dopo l'annuncio delle dimissioni a scoppio ritardato: un voto, l'ennesimo, per provare a portare a casa una Brexit col paraurti dell'accordo di divorzio raggiunto con Bruxelles ormai tre mesi fa, e già bocciato due volte in malo modo dagli ammutinati di Westminster.

Vincesse il no...

Scatta il countdown verso l'altra scadenza fissata dai 27, quella incombente del 12 aprile, prima di decidere se chiedere un rinvio lungo per provare a rovesciare in qualche imprecisato modo il tavolo oppure lasciar andare le cose di default verso il traumatico 'no deal': temuto come la peste dal grosso del mondo del business britannico e non solo, ma a cui l'Europa si prepara come a un sbocco sempre "più verosimile" suonando l'allarme d'un vertice straordinario fra il 10 e l'11 aprile.

Terzo tentativo

Il terzo voto sul piano May - che tecnicamente, ma solo tecnicamente terzo voto non è - torna in calendario grazie a un artificio necessario ad aggirare il veto del debordante speaker della Camera, John Bercow. Il quale aveva chiuso la porta a un nuovo giro di giostra se la mozione presentata dal governo fosse stata identica a quelle respinte nelle settimane passate. 

In sostanza, come ha spiegato all'aula faticando un po' la ministra dei Rapporti con il Parlamento, Andrea Leadsom, in questo caso ai voti andrà non l'intesa, ma la sua incorporazione nella Legge sul Recesso dall'Ue. Non solo: il verdetto sarà sul solo accordo di divorzio, con lo scorporo invece della (finora allegata) dichiarazione politica sulle relazione future. Tutto "perfettamente legale", ha giurato l'attorney general, Geoffrey Cox, e a Bercow è andata bene così.

Voltare pagina

Cavilli a parte, il messaggio ai deputati è semplice: giriamo pagina uscendo intanto dall'Ue, nel rispetto del risultato del referendum del 2016, e riapriamo nei prossimi mesi (con un altro governo e un altro primo ministro) i conciliaboli sul tipo di rapporti da costruire con l'Ue per il dopo. 

Basterà? I dubbi sono forti. La May spera ancora di riuscire a recuperare in extremis il sostegno di un numero sufficiente di Tory brexiteer ribelli e di alleati unionisti nordirlandesi del Dup, oltre che di potenziali laburisti dissidenti eletti in collegi pro Brexit. Ma i segnali sono al massimo in chiaroscuro.

Il nostro collaboratore da Londra

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Opposizione divisa

Anche le opposizioni sono divise e incapaci di ricondurre verso un compromesso le frange più rigide, come hanno certificato clamorosamente le bocciature di tutti e 8 i piani B d'iniziativa parlamentare sottoposti mercoledì sera a voti indicativi, referendum bis incluso. 



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