Flamanville, il fiasco dell’industria nucleare francese
Doveva essere il fiore all'occhiello del settore nucleare francese. Il nuovo reattore di Flamanville si sta invece trasformando in un pozzo senza fondo.
Sin dagli anni ’50 del secolo scorso, la Francia ha puntato tutto o quasi sul nucleare per il suo approvvigionamento energetico. Oggi il 70% dell’elettricità francese è di origine atomica e in Francia sono attive 19 centrali per un totale di 59 reattori.
A questo parco nucleare dovrebbe prima o poi aggiungersi anche il nuovo reattore di Flamanville, in Normandia. Il condizionale è però d’obbligo visti i problemi registrati in questi anni. Avviata nel 2006, la costruzione avrebbe dovuto concludersi quattro anni e mezzo dopo, secondo le stime di Electricité de France, la società parastatale all’origine del progetto. E il costo avrebbe dovuto essere di tre miliardi di euro.
Un prezzo moltiplicato per quattro
Tredici anni dopo il reattore non è ancora entrato in funzione (dovrebbe essere attivato nel 2022) e i costi sono lievitati sino a raggiungere 12,4 miliardi di euro. Gli ultimi problemi riscontrati a Flamanville sono stati dei difetti alle saldature,
In un ‘audit’ consegnato qualche giorno fa al Governo francese, Jean-Martin Folz, l’ex patron di PSA (Peugeot, Citroen, Opel) spara a zero su EDF: “La costruzione dell’EPR (reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata, ndr) ha accumulato così tanti costi supplementari e ritardi che non può essere che considerato un fallimento per EDF”. Jean-Martin Folz deplora una perdita di competenze “generalizzata”, una mancanza di “cultura della qualità” o ancora un modo “inappropriato” di gestire il progetto.
Il ministro dell’economia Bruno le Maire ha dal canto suo parlato di “un’inaccettabile mancanza di rigore”. “L’industria nucleare – ha proseguito – deve riprendersi e tornare agli standard più elevati”.
Le Maire ha quindi chiesto a EDF di presentare entro un mese un piano d’azione per riportare la filiera nucleare francese ai più alti livelli di esigenza.
Fessenheim chiuderà comunque vada
In un primo tempo, le autorità francesi avevano subordinato la chiusura della più vecchia centrale nucleare francese in attività, quella di Fessenheim, non lontana dalla frontiera svizzera e spesso contestata anche nella Confederazione, alla consegna del nuovo reattore di Flamanville.
Di fronte ai ripetuti ritardi, lo Stato francese non ha più potuto tergiversare e ha finalmente dissociato lo spegnimento dei due reattori di Fessenheim dalla messa in servizio del nuovo EPR. Circa un mese fa, Emmanuelle Wargon, segretaria di Stato per la transizione ecologica, ha così annunciato che il primo reattore di Fessenheim sarà dismesso nel febbraio 2020 e il secondo quattro mesi dopo.
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