Sud Sudan, si combatte ancora, oltre 200 morti
La capitale Giuba è da 5 giorni centro degli scontri tra governativi e ribelli; esponenti di entrambe le fazioni tentano una mediazione
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Sud Sudan, scontri tra ribelli e governativi: oltre 200 morti
Cresce la preoccupazione della comunità internazionale per le violenze scoppiate in Sud Sudan, tra le forze fedeli al vicepresidente Machar e quelle vicine invece al presidente Kiir.
Si continua a combattere anche nella capitale Giuba, dove si tenta una mediazione per mettere fine a ostilità che in pochi giorni hanno provocato almeno 200 morti.
Ancora spari. Ancora esplosioni a Giuba, da 5 giorni al centro degli scontri tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir e quelle che appoggiano il primo vicepresidente Machar.
Alcuni membri del governo e militari del gruppo ribelle, tentano però di riportare la calma: “Condanno quel che è successo negli scorsi giorni”, ha detto Dau Atorjong Nyuol, generale del gruppo ribelle SPLA. “Credo nella pace ed è per questo che mi trovo a Giuba. Chiedo dunque alle mie forze, l’SPLA nell’opposizione, di lavorare per la pace. Dichiaro che da oggi le mie forze fanno parte delle forze governative e non le combatteranno”.
“Colore che si confrontano da alcuni giorni”, ha dichiarato da parte sua il ministro delle miniere Taban Deng Gai, “sono i figli e le figlie di questo paese. Abbiamo bisogno di loro e abbiamo bisogno di loro vivi”.
Dichiarazioni congiunte, mentre giunge la condanna da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che chiede la cessazione delle violenze e degli attacchi contro il personale delle Nazioni Unite. Un casco blu di nazionalità cinese è rimasto ucciso domenica sera per un colpo di mortaio.
A parlare, intanto, sono però ancora le armi. Che continuano a mettere in pericolo il già fragile accordo di pace siglato lo scorso agosto tra le due fazioni rivali.
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