Proteste a Hong Kong, almeno 240 arresti
La polizia di Hong Kong ha arrestato mercoledì oltre 240 persone che partecipavano a manifestazioni contro la legge sulla sicurezza nazionale, voluta dal governo centrale cinese e all'esame del Congresso nazionale del popolo a Pechino. Per disperdere gli attivisti in movimento verso la sede dell'assemblea legislativa locale, gli agenti hanno sparato cartucce urticanti.
Le manifestazioni, non autorizzate, si sono svolte nei quartieri di Causeway Bay e Central. L’appello alla mobilitazione ha visto aderire, nel complesso, alcune migliaia di persone; una risposta sotto le attese.
A Central, gli agenti si sono schierati in modo massiccio e in tenuta antisommossa intorno alla sede del Consiglio legislativo della Regione amministrativa speciale, dove mercoledì è in programma il dibattito in seconda lettura della legge che tutela l’inno nazionale cinese, anch’essa contestata dagli attivisti pro-democrazia.
Centinaia di dimostranti si sono radunati in mattinata su Pedder Street, a venti minuti dal ‘parlamentino’, scandendo slogan come “cinque domande, non una di meno” e “sciogliete la polizia subito”.
Barricate e filo spinato erano già stati installati martedì a difesa del complesso di edifici.
Le ragioni della protesta
Per la legge di tutela dell’inno nazionale, ogni abuso o insulto alla ‘Marcia dei volontari’ (l’inno della Cina appunto) può essere sanzionato con multe fino a 6450 dollari e 3 anni di carcere.
La legge in discussione a Pechino includerebbe invece un generico “divieto di attività che possano seriamente danneggiare la sicurezza nazionale”, escludendo i giudici stranieri di Hong Kong dall’esame dei relativi casi. Ciò alimenta i timori sull’indipendenza del sistema giudiziario dell’ex colonia (in base al modello ‘un Paese, due sistemi’) e sul primato della Basic Law, la costituzione locale.
Tensione già alta
Da Pechino, il messaggio dei militari era stato chiaro: la guarnigione locale di circa 10’000 soldati dell’Esercito di liberazione popolare ha “la determinazione, la fiducia e la capacità di proteggere la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo” della Cina nell’ex colonia, ha dichiarato il comandante Chen Daoxiang.
Da parte loro, oltre 30 sindacati, una rete di 22 scuole, le università e il passaparola su chat criptate hanno invitato allo sciopero generale o alla mobilitazione sia attorno alla sede del Consiglio, sia con “azioni mirate” quali occupazione di strade principali e blocco dei trasporti dalle prime ore del mattino.
La polizia, pronta a schierare 3’000 agenti, aveva bloccato da giorni le strade d’accesso al complesso e aveva chiesto di non ripetere le proteste di domenica che hanno portato a 193 arresti, inclusi quelli di 30 minori, con accuse quali manifestazione non autorizzata, rivolta, possesso di armi offensive e assalto.
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