Ondata di violenze in Etiopia, oltre 230 morti
In Etiopia, l'omicidio del cantante popolare Hachalu Hundessa lo scorso 29 giugno ha scatenato proteste e violenze di connotazione etnica che hanno portato all'uccisione di oltre 230 persone nello Stato regionale dell'Oromia e nella capitale Addis Abeba. Secondo il premier Abiy Ahmed, l'intera vicenda non è in realtà che un tentativo di Egitto e Sudan di destabilizzare la già fragile democrazia etiope.
A irritare Il Cairo e Khartum sarebbe la grande diga (detta del Rinascimento) costruita con lo scopo di portare l’elettricità ai 110 milioni di etiopi che ancora non sono allacciati alla rete, ma che secondo i due Paesi porterà a un prosciugamento del Nilo, sfociando in un conflitto.
Due arresti
Intanto, venerdì, BBC Africa riferisce dell’arresto di due uomini con l’accusa di coinvolgimento nella sparatoria in cui è stato colpito a morte il cantante, avvenuta nella capitale. Secondo il procuratore generale federale Adanech Abeibe, i sospettati hanno confessato il loro crimini.
I due avrebbero ricevuto il mandato di uccidere il cantante, di etnia Oromo, da un gruppo chiamato Shane, staccatosi dall’Oromo liberation front (Olf). Quest’ultimo è un partito politico, in passato alla guida di un movimento armato che chiedeva l’autogoverno per la regione dei disordini.
La diga all’origine del malcontento di Egitto e Sudan.
Morti e danni
Il 1° luglio, quando già si contavano 50 morti, il portavoce dello Stato regionale dell’Oromia Getachew Balcha riferiva di molti feriti e di una significativa distruzione di proprietà, con negozi incendiati. “Non eravamo preparati a questo”, ha detto. Si tratta delle peggiori violenze dal 2018.
In dieci giorni, hanno perso la vita anche 9 agenti di polizia e 5 militari, secondo quanto riferito dalla televisione di Stato.
Hachalu Hundessa è autore di canzoni a sfondo politico e voce delle proteste per la marginalizzazione del suo gruppo etnico, sfociate nell’incarico di primo ministro ad Abiy Ahmed, che è pure Oromo, ma ora è accusato di non aver mantenuto le promesse e averli danneggiati.
Da parte sua, il premio Nobel per la pace 2019 lancia appelli all’unità nazionale e punta il dito, come detto, contro Egitto e Sudan.
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