Mossa BCE, “avrà effetti negativi per la Svizzera”
L'economista Tommaso Monacelli (Bocconi) spiega l'intervento dell'Eurotower
“Si tratta di un piano molto atteso e forse di portata superiore a quanto previsto”, rileva Tommaso Monacelli, docente di politica monetaria all’Università Bocconi di Milano, in merito alla manovra della Banca centrale europea che oggi ha annunciato un programma di acquisti di titoli da 60 miliardi al mese, fino al settembre 2016, per riportare l’inflazione dal -0,2% di dicembre al 2% e rilanciare l’economia nell’Eurozona.
Ma in cosa consiste questa manovra che si richiama alla Quantitative Easing promossa dalla Fed nel 2009?
La Banca centrale europea acquisterà titoli di Stato di paesi UE o altri beni finanziari detenuti dalle banche private. In questo modo la BCE farà uno scambio, acquisterà dagli istituti finanziari questi titoli in una quantità prefissata di 60 miliardi al mese, che saranno accreditati nelle riserve che gli stessi detengono presso la Banca centrale. È una misura che intende espandere la quantità di moneta in circolazione nel sistema bancario e finanziario. In altre parole si va ad aumentare la massa monetaria attraverso il ritiro di titoli di Stato che sono sul mercato.
Ma quale è lo scopo di questa mossa della BCE?
Gli scopi sono vari. Nell’ambito degli obiettivi della Banca centrale europea vi è quello, indicato dagli stessi statuti dell’istituto finanziario, di riportare il tasso di inflazione vicino alla soglia del 2 per cento. Con questa decisione si immagina che la maggiore quantità di moneta in circolazione stimoli, da parte delle banche, l’emissione di credito e questo andrebbe a sostegno degli investimenti e dei consumi e farebbe ripartire l’economia e l’inflazione.
Perché una inflazione più bassa di questa soglia del 2% è da ritenersi negativa per l’economia dell’Eurozona?
Innanzitutto c’è da dire che un tasso troppo basso è contrario all’obiettivo che i governi dell’Ue hanno assegnato alla BCE, che ha un preciso mandato di legge in questo senso. Ma esistono molte ragioni per cui un’inflazione al di sotto di questa soglia è negativo. Ovviamente la ragione principale è che un indice così basso è il sintomo – non la causa – del fatto che l’economia sia in una fase di rallentamento da diverso tempo. Ora, gli strumenti che di solito la Banca centrale utilizza, che sono le manovre sui tassi di interesse, non sono più disponibili dal momento che i tassi di interesse sono a zero e non possono diventare negativi. E quindi la BCE deve far ricorso, come altre banche centrali, a misure eccezionali di espansione della quantità di moneta.
Chi si avvantaggia e chi ci perde da questa decisione di Francoforte?
Questo è un aspetto molto importante perché gli effetti principali di manovre espansive di questa portata sono solitamente negativi per chi risparmia, e non solo per i singoli cittadini. Anche all’interno dell’Europa vi sono paesi risparmiatori, come quelli settentrionali e paesi indebitati, come quelli mediterranei. Questo è il motivo per cui la Germania è molto contraria a queste operazioni. Grandi espansioni della quantità di moneta spingono infatti al ribasso i rendimenti sui depositi, sui fondi pensione e più in generale su tutte le attività di risparmio. Si tratta di interventi che fanno bene a chi ha debito ma molto male a chi risparmia. In questo senso gli effetti redistributivi di questa manovra saranno molto importanti.
La Banca nazionale svizzera negli scorsi giorni ha sganciato il franco dall’euro. Sull’economia elvetica questa mossa della BCE che effetti può avere?
Temo che avrà effetti ulteriormente negativi perché spingerà ancora di più verso la rivalutazione del franco nei confronti dell’euro. E siccome la Svizzera esporta molto nella zona euro, un franco troppo forte sarà un’ulteriore notizia negativa per la sua economia. Di fatto questa situazione era stata anticipata dalla BNS dal 2011 ma il costo per mantenere il franco ancorato all’euro era diventato troppo grande. Adesso sarà interessante vedere cosa farà la Banca nazionale svizzera per cercare di limitare l’eccessivo apprezzamento del franco rispetto all’euro.
Leonardo Spagnoli
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Il commento di Tommaso Monacelli (Università Bocconi)
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