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Morta la paladina della lotta per l’aborto legale

È stata il volto della battaglia per il diritto all'aborto davanti alla Corte Suprema Usa, dove vinse a soli 26 anni riscrivendo la storia di milioni di donne americane. Sarah Weddington, la legale che rappresentò Norma McCorvey, conosciuta nei documenti in tribunale come 'Jane Roe', se n'è andata a 76 anni. È stata trovata morta dalla sua assistente nella sua casa di Austin, in Texas. Le cause del decesso non sono state rese note ma Weddington combatteva da tempo con una serie di problemi di salute.

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Laureata in legge alla University of Texas nel 1967, Sarah incontrò McCorvey due anni dopo. Norma era incinta e voleva abortire ma la legge vigente allora in Texas consentiva l’interruzione di gravidanza solo per salvare la vita della madre. Nel marzo del 1970 McCorvey, assistita da Weddington e dalla sua compagna di classe universitaria Linda Coffee, presentò un’azione legale contro Henry Wade, l’allora procuratore di Dallas famoso per aver perseguito Jack Ruby per l’uccisione di Lee Harvey Oswald, l’uomo accusato dell’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy nel 1963. Nel 1971 la Corte Suprema accettò di ascoltare il caso contro Wade, che continuava ad attuare la restrittiva legge del Texas sull’aborto nonostante fosse stata dichiarata incostituzionale da una precedente sentenza federale.

Weddington si presentò così ai saggi americani per difendere la libertà di scelta delle donne. Parlò di fronte a loro in ben due occasioni, prima nel 1971 e poi l’anno successivo. Li descrisse come imperturbabili: “Era impossibile capire qualcosa dai loro volti o dalle loro espressioni”, ricordò Sarah in alcune interviste rilasciate nel corso degli anni, durante le quali rivelò di aver abortito lei stessa. “Il 22 gennaio 1973 ero al lavoro quando un giornalista del New York Times chiamò e chiese alla mia assistente se volevo commentare la Roe v Wade”. 

Lei rispose chiedendo “cosa dovesse commentare”, raccontò ancora descrivendo l’enorme emozione nel ricevere “poco dopo un telegramma della Corte Suprema che diceva che avevo vinto sette a due e che mi avrebbero spedito la sentenza”. La legale fu da subito consapevole dell’importanza della decisione dei saggi: con quella sentenza venne di fatto legalizzato l’aborto negli Stati Uniti.

Sono passati 48 anni durante i quali l’impianto di quella sentenza ha retto di fronte ai vari attacchi delle frange più reazionarie della società americana ma ora la Roe v Wade è seriamente messa in pericolo dalla guerra dichiarata dagli Stati repubblicani alle interruzioni di gravidanza e da una Corte Suprema a netta maggioranza conservatrice. Weddington prevedeva da anni un simile assalto. Quando Donald Trump nominò Neil Gorsuch alla Corte disse: “Se la sua nomina verrà confermata, l’aborto non diventerà illegale il giorno successivo perché un giudice non fa la differenza. Ma due o tre giudici potrebbero farla”. Detto, fatto. 

Oltre a Gorsuch, Trump ha nominato altri due giudici conservatori, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett, coronando di fatto il sogno coltivato da anni dalla destra americana di poter capovolgere la sentenza. E ora la Corte Suprema potrebbe pronunciarsi il prossimo giugno sui ricorsi che le sono stati presentati contro i divieti di fatto alle interruzioni di gravidanza varati dal Texas (divieto d’aborto dopo sei settimane) e dal Mississippi (al primo battito del feto), con il rischio che ponga nuovi limiti a livello federale.

Dopo il trionfo comunque – è stata la legale più giovane della storia a vincere un caso di fronte all’Alta Corte – Weddington ha sempre mantenuto un forte impegno per le donne, prima in politica arrivando alla Casa Bianca di Jimmy Carter e poi insegnando nelle classi universitarie. Ma aveva sempre saputo che il suo nome sarebbe stato ricordato per quella storica vittoria: “Qualsiasi cosa farò nella mia vita, il titolo del mio necrologio sarà sempre ‘l’avvocato della Roe v Wade è morta’”.
 


 

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